Secondo uno studio Ue l’Italia ha un approccio “casuale” al problema dell’integrazione
Modelli migliori in Danimarca e Svezia. Vassiliou: “Dare le stesse opportunità a ogni minore”
Finiscono per frequentare gli istituti peggiori, ottengono risultati mediocri, spesso le abbandonano prima del tempo e crescono quindi più esposti a disoccupazione e povertà. La discriminazione dei figli di immigrati in Europa passa anche attraverso la scuola. A denunciarlo è uno studio della Commissione, secondo cui i bambini immigrati da poco nel vecchio continente sono più esposti al rischio di frequentare gli istituti con meno risorse.
La relazione esamina le politiche nazionali a sostegno dei minori di recente immigrazione nei 15 Paesi che negli ultimi anni sono stati meta di flussi migratori consistenti. Il modello migliore, secondo le conclusioni della ricerca, è quello di Danimarca e Svezia. Lì è previsto un sostegno complessivo: linguistico, scolastico, coinvolgimento dei genitori, educazione interculturale e ambiente favorevole all’apprendimento.
Un sostegno ben diverso da quello fornito in Italia (ma anche a Cipro e in Grecia) dove, secondo lo studio, l’approccio alla questione è “casuale”. “Le politiche non sono sempre formulate in modo chiaro – si legge – né sono dotate di risorse adeguate o attuate in modo efficace”. In questo modo “gli insegnanti, i genitori e le comunità locali restano in larga misura privi di orientamenti precisi”.
Problemi simili si verificano anche in altre nazioni che tendono a concentrarsi soltanto su uno degli aspetti dell’integrazione, senza raggiungere però una piena inclusione. A confermare i risultati dello studio anche le statistiche dell’Ocse che ha rilevato come, nel 2010, in Europa, il tasso di abbandono precoce dell’istruzione o della formazione è stato del 25,9% tra gli alunni stranieri, contro un livello del 13% tra i nazionali.
La questione non è secondaria, visto che dal 1960 ad oggi la migrazione netta verso l’Europa è triplicata. Lo studio della Commissione suggerisce che gli Stati membri forniscano un sostegno educativo mirato ai figli dei migranti, ad esempio attraverso insegnanti specializzati e un coinvolgimento sistematico dei genitori e delle comunità. Fondamentale inoltre evitare la segregazione e la selezione precoce degli alunni sulla base delle abilità, che potrebbe sfavorire i figli dei migranti che si stanno adattando a una nuova lingua.
“Ogni minore, indipendentemente dalla sua origine – sottolinea la Commissaria per Istruzione, cultura, multilinguismo e gioventù, Androulla Vassiliou – merita di avere la possibilità, attraverso l’istruzione, di acquisire le competenze necessarie per la vita e che danno migliori prospettive di lavoro. Dobbiamo migliorare i risultati europei in questo settore e fornire maggiore sostegno ai gruppi vulnerabili”.
L. P.