Ma il dialogo manca negli Stati, come la Grecia, sotto programma (imposto dall’Ue)
Qualcosa va storto. Le riforme anti-crisi vengono attuate dai governi, soprattutto quelli sotto programma di aiuto, senza alcun tipo di dialogo sociale. Di conseguenza la coesione sociale è a rischio. La Commissione europea, che fa parte della Troika, sembra essersi resa conto che le politiche fin qui richieste stanno avendo effetti controproducenti e dunque corre ai ripari, convocando la parti sociali a palazzo Berlaymont per il 2 maggio al fine di trovare soluzioni condivise per l’attuazione della cura “lacrime e sangue” necessaria – almeno così si dice a Bruxelles – per rispondere alla crisi.
Il commissario europeo per l’Occupazione e gli affari sociali, Laszlo Andor, ammette che “la situazione è preoccupante”. La concertazione “rischia uno strappo, e nel settore pubblico va ravvivata”. I governi, per correggere gli squilibri macroeconomici e rimettere i conti a posto, attuano le riforme senza alcun tipo di consultazione, spinti dall’urgenza di rispondere alla richieste della comunità internazionale e dalla morsa della crisi. La Commissione Ue cerca dunque di correre ai ripari. “Lunedì e martedì prossimi – annuncia Andor – a Budapest terremo una conferenza di alto livello con le parti sociali, e il 2 maggio, per la prima volta, il collegio dei commissari riceverà le parti sociali europee”.
Ovunque la situazione è la stessa. O meglio, è legata al deterioramento del tessuto economico. “I paesi dove il dialogo sociale è migliore sono quelli dove le condizioni sono più stabili e le pressioni sono minori”. Viceversa, i paesi dove la concertazione si è ridotta sono quelli sotto programma o tenuti a rispondere alle raccomandazioni specifiche dell’esecutivo comunitario. Ad Andor si ricorda che i paesi sotto programma sono quelli che rispondono alle condizioni della Troika, e dunque la Commissione ha una parte di responsabilità. “Noi incoraggiamo sempre il dialogo, ma la Commissione non impone un modello di dialogo sociale”, prova a giustificarsi Andor. “In genere noi monitoriamo che i diritti fondamentali siano rispettati: il principio è chiaro, solo che poi nell’applicazione abbiamo modelli variegati” di applicazione delle misure richieste. L’impressione è che la situazione sia stata sottovalutata o sfuggita di mano, e le risposte di Andor non aiutano a dissipare i dubbi.
Un cronista greco gli ha perciò chiesto quali e quanti margini di concertazione possano esserci in un paese come sotto programma come la Grecia. “Nei paesi sotto programma abbiamo sempre caldeggiato la partecipazione delle parti sociali nell’attuazione delle riforme”. Ma se si dice ‘no’ all’austerità la Troika non concede gli aiuti, e allora il dialogo diventa solo una forma di cortesia all’interno di un percorso già segnato. “La Grecia non è l’Irlanda”, torna a ripetere Andor, che non spiega – almeno per ora – come saprà rilanciare una concertazione sempre meno presente nelle agende dei governi dei paesi dell’Ue. Forse qualcosa se ne saprà di più martedì prossimo, dopo la riunione di Budapest. L’impressione è però che la Commissione Ue non sappia che pesci pigliare.
R.G.