Nel 2012 dai Paesi membri sono stati destinati ai programmi di assistenza 2,3 miliardi in meno
Il commissario Piebalgs: “Meglio investire adesso che pagarne le conseguenze in futuro”
L’Europa resta il maggiore contribuente mondiale per l’Oda, l’Assistenza Ufficiale allo Sviluppo, partecipando per più della metà dei fondi totali, ma gli stanziamenti stanno diminuendo ogni anno. Le cifre pubblicate dall’Oecd, l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, rivelano che dal 2011 al 2012 i contributi dei 27 Paesi membri sono passati dallo 0,42 allo 0,39% del Reddito nazionale lordo, ovvero da 52,8 a 50,5 miliardi di euro. Una diminuzione che ci allontana sempre più dall’obiettivo Ue fissato allo 0,7%. Insomma la crisi si è fatta sentire anche nel campo degli aiuti internazionale. Così, mentre solo Austria, Lettonia, Lussemburgo e Polonia, si sono potuti permettere di aumentare le loro donazioni, altri 16 Paesi membri, compresa l’Italia, hanno diminuiti i loro contributi rispetto agli anni passati. Solo sette hanno mantenuto le cifre invariate. Al Consiglio europeo di febbraio gli Stati membri si sono però impegnati ad aumentare, quasi raddoppiare, entro il 2015, la propria assistenza allo sviluppo, così da compiere un passo decisivo verso il raggiungimento degli Obiettivi del millennio prefissati dalle Nazioni Unite.
Il Commmissario per lo Sviluppo Andris Piebalgs ha chiesto ai Paesi di “raddoppiare i loro sforzi e far crescere la propria partecipazione all’Oda sino al fatidico 0,7%”. Del resto non si tratta solo di rispettare gli impegni presi, ma anche di rispondere alle richieste dei cittadini europei, i quali, secondo un sondaggio dell’Eurobarometro dell’ottobre 2012, per l’85% hanno dichiarato che l’Europa dovrebbe continuare ad aiutare i Paesi in via di sviluppo nonostante le difficoltà.
Del resto le crisi umanitarie non aspettano quelle economiche e, “come le attuali situazioni nel Sahel e nel Corno d’Africa ricordano – ha aggiunto Piebalgs – è più efficiente investire nello sviluppo ed eliminare la povertà alla radice, che non doverne gestire le conseguenze più tardi”.
Camilla Tagino
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