Nel suo ultimo saggio “The undivided past”, lo storico inglese David Cannandine esplora il trascurato argomento della comunità di valori che lega tutta l’umanità malgrado le sue tante divisioni, a partire da quelle apparentemente più profonde della religione. Cannandine afferma che troppo spesso la storia ufficiale ha visto spaccature che non sono mai esistite, prigioniera di una lettura ideologica dell’evento storico. Uno fra tutti è l‘avvento del Cristianesimo, che viene addirittura legato a una data, quella dell’Editto di Milano del 313 e che sembra sancire una cesura netta fra antichità pagana e modernità cristiana. Le cose non andarono proprio così. La nuova religione si innestò in una tradizione millenaria di riti pagani e ne subì l’influenza. La classe dirigente che si convertì al cristianesimo era un’infima minoranza della società romana. Connandine documenta che si aggirava attorno a non più del 5 per cento della popolazione dell’impero. Come Costantino stesso, i nuovi cristiani avevano avuto una formazione pagana e se ne allontanarono solo superficialmente perché il loro mondo rimaneva in maggioranza pagano. Il cristianesimo restò per secoli lontano dalle campagne e si diffuse essenzialmente nelle città, dove comunque conviveva con altre religioni e culti pagani. Anche le istituzioni romane, malgrado l’editto di Costantino, non passarono tutte completamente in mano ai cristiani. Il senato romano, ad esempio, rimase a lungo pagano e solo settant’anni dopo l’editto l’imperatore Graziano riuscì a far rimuovere l’altare della vittoria sul quale accanitamente fino al 383 i senatori romani celebrarono il loro rito di giuramento. Ma il cristianesimo portava una rivoluzione religiosa che avrebbe avuto effetti profondi. Il paganesimo non aveva dottrina né canoni prefissati, non aveva neppure bisogno di definirsi come religione perché era solo una sorta di civismo. Il Cristianesimo invece si fondava su regole rigide e faceva dell’appartenenza religiosa uno strumento identitario. Fu così che la nuova religione scardinò il senso di appartenenza del civis romanus all’impero e agli antichi valori di tolleranza per imporre invece l’intolleranza alla deviazione dalla regola. Successivamente sarà da questo stesso processo che il Cristianesimo, con le sue scissioni, creerà i presupposti per le moderne appartenenze nazionali e getterà le basi dello stato nazione, dapprima stato religioso. Ma in questo universo di divisioni, eresie, secessioni e spaccature che il Cristianesimo porta nella civiltà europea è sempre esistita una corrente sotterranea di mediazione, di compromesso, di reciproco riconoscimento e di tolleranza che la storia non ha voluto vedere. Questo è quello che sostiene Cannandine nel suo saggio che non tocca solo la questione della religione ma anche altre e più moderne divisioni dell’umanità. In questo tempo pasquale dovremmo quindi essere incoraggiati anche noi vedere più quel che ci accomuna da quel che ci divide. In fondo, anche la sempre settaria Chiesa cattolica, con la nuova figura del Papa “emerito” che si affianca al Papa “in merito”, introduce una sfumatura, una duplicità che spiana la via alla relatività. Quella stessa relatività che la Chiesa afferma di voler combattere. La Curia romana forse non aveva previsto che la coppia di fatto Ratzinger-Bergoglio richiama tutta una serie molto evocativa di paia, a cominciare da yin e yang, Bud Spencer e Terence Hill, il giorno e la notte, Plutone e Proserpina, Franco e Ciccio, Stanlio e Ollio, eros e thanatos, il carabiniere buono e quello cattivo, il bue e l’asinello, Dupond e Dupont, Starsky & Hutch, Super-Vip e Mini-Vip, con interessanti diramazioni psicanalitiche dove si sfiora l’affascinante sfera della schizofrenia. Da un punto di vista teologico, il papato bicefalo ravviva l’aquila imperiale romana e ricongiunge due mondi improvvidamente divisi. E poi con due Papi c’è più possibilità di mediazione: se uno ti lancia la scomunica l’altro può ritirarla, se uno è infallibile, l’altro può sbagliarsi, se uno tiene per il San Lorenzo, l’altro tiene per il Boca Junior, se uno è germanico l’altro è latino, se uno va al mare l’altro va in montagna, se uno dorme l’altro veglia, se uno muore non c’è bisogno di farne un altro. Inevitabile che per Pasqua uno faccia la benedizione urbis e quell’altro orbis.
Diego Marani