“Ci riduciamo lo stipendio del 30%”, “dimezzate quelli dei parlamentari”, “con 5 mila euro al mese saremo costretti a dormire in un sacco a pelo”. Mentre l’Italia è bloccata in attesa di un esecutivo che non si sa se potrà governare, come e per quanto tempo, a preoccupare i parlamentari italiani c’è una domanda, spinta dalla crisi, dagli scandali e anche dalla pressione del Movimento cinque stelle: a quanto ammonteranno i nostri stipendi? E i rimborsi?
Una proposta su come sciogliere il delicatissimo nodo arriva direttamente da Bruxelles. A formularla è l’italiano Gianni Pittella, che guarda al Paese dal suo ruolo di primo vice presidente del Parlamento europeo e suggerisce: “I parlamentari italiani prendano a modello lo statuto approvato all’inizio della legislatura dai colleghi eurodeputati”. Un’idea che anche la presidente della Camera, Laura Boldrini, sembra aver studiato.
LA RIFORMA NELL’UE – Anche a Bruxelles con la questione retribuzioni, indennità e rimborsi hanno avuto i loro bei grattacapi, sfociati nel nuovo Statuto degli eurodeputati, entrato in vigore il 14 luglio 2009. Fino ad allora i parlamentari erano pagati dagli Stati di appartenenza, con grande variabilità tra gli stipendi dei rappresentanti dei diversi Paesi. Non solo. Molti dubbi destava anche il meccanismo di rimborso delle spese di viaggio, con il Parlamento che indennizzava gli spostamenti su base forfettaria, sborsando spesso molto di più di quanto effettivamente uscisse dalle tasche dei deputati. Anche dieci volte di più, facendo diventare i rimborsi un secondo stipendio per tutti gli eurodeputati italiani. E così anche al Parlamento europeo una revisione totale si era resa necessaria. È arrivata con la nuova legislatura. Punti fermi: retribuzione uguale per tutti e maggiore trasparenza.
I COSTI DELLA ‘CASTA’ A ROMA – Quali le differenze con Roma? Cominciamo dalle cifre. L’indennità parlamentare mensile di un eurodeputato è di circa 7.900 euro lordi, che netti diventano circa 6 mila. Un deputato italiano, dal 1 gennaio 2012, prende circa 5mila euro netti, mentre per un senatore siamo a circa 5.300. Fino a qui, abbastanza bene. Ma le entrate per un onorevole italiano non sono finite. Esiste una diaria, per il rimborso delle spese di soggiorno a Roma, pari a 3.503 euro mensili (ridotta di 200 euro circa per ogni giorno di assenza alle sedute di votazione). Per le spese relative a collaboratori, consulenze, gestione dell’ufficio e simili c’è poi il cosiddetto “rimborso spese per l’esercizio del mandato”: altri 3.690 euro mensili. E ancora, il capitolo viaggi: per muoversi da casa a Montecitorio è previsto un rimborso spese trimestrale pari a poco più di 3.300 euro per chi percorre fino a 100 km, e di quasi 4 mila per chi ne percorre di più. Per i Senatori le cifre cambiano di poco. La diaria è di 3.500 euro mensili, il rimborso per le spese generali (viaggi inclusi) è di 1.650 euro al mese. A conti fatti, le entrate mensili, sia per i deputati sia per i senatori italiani, si aggirano, tra i 13 e i 15 mila euro mensili.
LE INDENNITÀ A BRUXELLES – A Bruxelles, invece, il capitolo spese di viaggio, con il nuovo statuto, è stato profondamente rivisto e il sistema forfettario è stato abolito. Ora i deputati devono presentare le ricevute di viaggio per ricevere il rimborso del costo effettivo dei biglietti utilizzati per arrivare alle sedute. Esiste anche un’indennità di viaggio annuale per quegli spostamenti che non rientrano nelle sedute ufficiali: anche in questo caso bisogna però presentare le ricevute. Il forfait è rimasto solo per l’indennità di soggiorno, quella che il Parlamento versa per le spese di vitto e alloggio dei deputati nei giorni di riunioni ufficiali: sono 304 euro per ogni presenza dimostrata da firma sull’apposito registro.
I CONTRATTI DEGLI ASSISTENTI – Altre regole che Bruxelles ha voluto modificare dall’ultima legislatura sono quelle relative all’assunzione di assistenti e portaborse. I limiti per il personale che ogni deputato può selezionare sono fissati dal Parlamento che poi gestisce, in prima persona, i contratti. È cioè direttamente l’amministrazione a corrispondere i compensi, ma anche a stabilirli, sulla base delle competenze e del curriculum del candidato. I deputati non sono comunque autorizzati ad assumere parenti stretti come membri dello staff. Il meccanismo vuole evitare incarichi profumatamente retribuiti affidati a persone senza le adeguate competenze. In Italia non esiste nulla del genere.
Dopo il passo “apprezzatissimo” dei neopresidenti delle Camere Grasso e Boldrini, che hanno annunciato di voler ridurre le loro indenniità, “il Paese si aspetta un’uguale determinazione da parte di tutti i parlamentari, che non sia affidata solamente alle spontanee autoriduzioni dei singoli o alle regolamentazioni dei partiti” dichiara Pittella. In questo senso la scelta di autoregolamentazione degli europarlamentari potrebbe essere “seguita anche nel nostro Paese, per realizzare risparmi e trasparenza e combattere con la buona politica e la sobrietà dei costi e dei comportamenti la diffusa sfiducia dei cittadini verso i propri rappresentanti”.