Se non sono scarsi non ce li vogliamo. In questo momento, mentre scrivevo un editoriale diverso, sento il bel presidente dell’Eurogruppo, l’olandese Jeroen Dijsselbloem, un giovane di belle speranze, che viene da un paese dinamico, che, a proposito del pasticcio di Cipro, dice che “se c’è un responsabile sono io”. Lo dice, lo ripete, e resta seduto a rispondere alle domande dei deputati. Poco più avanti ammette che “è vero (quel che abbiamo fatto) ha minato la fiducia”, e resta lì seduto a rispondere. Un attimo dopo aggiunge che “il dibattito tra noi ministri è stato più duro della reazione dei mercati e dei risparmiatori”, il che vuol dire che come si dice a Roma “nessuno se li fila”, che la presa della politica sull’economia reale è quasi insignificante. “Abbiamo fatto del nostro meglio venerdì – aggiunge -, speriamo di raggiungere poi risultati migliori”. Cioè, abbiamo fatto un casino e speriamo di non farne più. E il ministro olandese resta lì, invece di alzarsi e dire: Scusate, non sono all’altezza, me ne vado.
No, un po’ come con Catherine Ashton, chiunque ne parla male, anche chi lavora con lei, a livelli bassi come alti, ma resta lì. Dijsselbloem oggi ha sancito la sua inadeguatezza: in quel posto, in questo momento, non si può sbagliare, e soprattutto non si può sbagliare in maniera così goffa. Il candore idiota di ammetterlo non serve, non aiuta. Preoccupa invece.
Tutto ciò rientra nella generale inadeguatezza mostrata dall’Europa nell’affrontare la crisi. Paura di cedere spazi, paura di trovare leader veri, voglia di controllare d parte dei governi più forti hanno portato a un’incertezza e contraddittorietà delle scelte. C’è troppa confusione. Il guaio non è solo la testardaggine di piccoli paesi come la Finlandia, che vanno oltre l’incaponimento miope della Germania, ma è che per ogni caso che si presenta si inventano regole diverse. A Cipro si tenta un prelievo forzoso dai conti correnti, dopo che si è approvata una norma che tutela i risparmi fino a 100mila euro in caso di crisi bancaria, in Grecia si prestano soldi in cambio dell’esautoramento del governo locale. In Irlanda i soldi si danno ma non è un piano di salvataggio, e poi ci sono i Fondi salvastati, prima uno, poi l’altro, anzi no, il provvisorio convive con il permanente, poi c’è l’autorità sulle banche che arriva fin lì, perché poi c’è la Bce, che però ha voce in capitolo anche su altro, e poi la vigilanza bancaria che vale per una banca francese ma non per una tedesca a meno che il presidente non sia bruno e con i baffi…
Scherzi a parte, il caos europeo è dovuto in buona parte alla mancanza di regole chiare e uguali per tutti, e, in gran parte, al fatto che i responsabili delle varie crisi non vengono mai chiamati in causa, ed anzi, spesso restano al loro posto, che siano essi governanti nazionali o comunitari, e continuano a prendere decisioni e a combinare pasticci. La politica non ha il coraggio che dovrebbe avere nel perseguire i membri dei governi greci, ad esempio, che hanno portato il paese al tracollo truffando le autorità di vigilanza comunitarie. E allora che ci stanno a fare, se uno può beffarle e fregarsene? Ma lo stesso: che ci stanno a fare certi responsabili europei quando le loro politiche hanno palesemente fallito e non sono neanche in grado di trovare una via d’uscita ma si incaponiscono nell’errore?
Lorenzo Robustelli
Per saperne di più:
– Dijsselbloem: delocalizzare aiuta la competitività (sic)