Compie un secolo quest’anno un libro forse dimenticato dai lettori italiani ma ancora gelosamente amato e studiato in Francia. “Il grande Meaulnes” di Alain-Fournier è un romanzo di formazione che parla di adolescenza e amori giovanili, di amicizie immortali e turbamenti d’infanzia. La storia è semplice, raccontata dall’autore che nel personaggio di François Seurel assume il ruolo di testimone del miraggio amoroso in cui si perde il suo amico Augustin Meaulnes inseguendo per tutta la vita una ragazza incontrata per caso ad una festa estiva. Il romanzo è ambientato nella Francia profonda dove, fra vecchi manieri e fitti boschi, sopravvivono le vestigia di uno spirito cavalleresco, la memoria mai estinta di Lancillotto e Percival alla ricerca di un Graal che qui diventa un’irraggiungibile maturità. Ma nell’esperienza dei personaggi, dalla compiutezza dell’uomo adulto non scaturisce spontanea la felicità bensì altra, sconfinata incertezza. Il fragore della città moderna è lontano dai paesaggi campestri del libro. Parigi e le sue luci non appartengono a questo piccolo mondo antico. Un romanzo onirico, la vana attesa dell’amore che appena raggiunto si dilegua nella prosaicità del vivere. Una celebrazione del sentimento, un compiacimento della sofferenza amorosa che ha profondamente segnato lo spirito francese ed in cui ancora oggi affonda le radici un certo romanticismo transalpino. Una contemplazione delle proprie emozioni che si tramanda nei film di Rohmer e di Bresson e che ha in qualche modo contaminato alcune generazioni italiane del Dopoguerra. Anche la nostra meglio gioventù è stata presa dalla foga scapigliata di François Seurel. Ribelle all’utilitarismo borghese, si è scagliata alla ricerca di un’inconsistente nobiltà dell’esistere che ha prodotto anche mostri. La vicenda personale di Alain-Fournier, morto giovanissimo sui campi di battaglia della Mosa, ha poi aggiunto attrattiva a un libro già contagioso. Del Grande Meaulnes si dice che raccontò l’adolescenza non solo dell’autore ma anche della Francia. Una Francia incerta, una repubblica fragile dopo il trauma della fine dell’impero, un paese gaudente e spensierato che inconsapevolmente precipitava verso il disastro della Prima guerra mondiale. Oggi la Francia è vecchia e disillusa, come tutti i nostri paesi. Non crederebbe più ai sogni dell’adolescenza cui si era abbandonato il tenero Alain-Fournier, non inseguirebbe più miraggi nei boschi. Prudente signora dalla troppa esperienza, avanza molto cauta verso il suo come il nostro incerto futuro. Ma non ha perso la memoria di quando faceva girare la testa e lo coltiva almeno nei suoi libri. Non ha niente da insegnare a questa acerba Europa nata vecchia, che vive sotto tutela come un’incapace, rinchiusa nella sua castità di zitella, virtuosa in tutto quel che castra l’animo, incapace di suscitare sentimento figuriamoci di ispirare un romanzo.
Diego Marani