Il vice primo ministro di Pristina: “Siamo pronti a mettere il passato alle spalle”
Da risolvere la situazione del Nord del Paese, dove abitano molti cittadini di origine serba
I dialoghi sono “delicati e complessi” ma il Kosovo è pronto a “normalizzare le relazioni” e costruire “rapporti di buon vicinato” con la Serbia. Ad assicurarlo è il vice primo ministro, Edita Tahiri che in un incontro all’European Policy Center di Bruxelles non nasconde l’importanza dei colloqui che domani vedranno incontrarsi, per la settima volta, i primi ministri di Kosovo e Serbia, Hashim Thaci e Ivica Dacic.
Le intenzioni, almeno a giudicare dalle parole di Tahiri sono buone. “Anche se la storia è molto negativa e ricca di elementi tragici siamo pronti – assicura – a mettere il passato alle spalle, pur senza dimenticarlo, per evitare che possa ripetersi”. Del resto, ricorda la vice primo ministro, “non saremmo i primi a costruire la pace dopo la guerra, la storia è piena di esempi”. Per questo una buona vicinanza e buoni commerci sono possibili.
Ma Pristina non dimentica che ci sono questioni da risolvere: ad esempio la situazione del Kosovo del nord, “la parte del Paese strategicamente più ricca, per i minerali”, che è popolata in maggioranza da serbi e in cui, secondo Tahiri, le istituzioni parallele “sono i peggiori ostacoli per il pieno ottenimento della libertà di movimento”.
Dell’abolizione delle istituzioni parallele serbe e della possibilità di creare una comunità che riunisca i comuni a maggioranza serba in Kosovo si sarebbe già discusso nel corso degli ultimi due colloqui tra i premier di Belgrado e Pristina e un accordo dovrebbe già essere pronto.
Dal buon esito dei dialoghi potrebbe dipendere molto, sia per la Serbia che per il Kosovo. Se per Belgrado potrebbe significare avviare i negoziati per l’adesione, per Pristina una eventuale intesa domani a Bruxelles potrebbe consentire una decisione positiva del Consiglio europeo su un Accordo di stabilizzazione e associazione. In gioco per il Kosovo c’è anche la liberalizzazione dei visti d’ingresso nell’area Schengen. Manca, per il momento, il riconoscimento da parte di 5 Stati membri dell’Unione Europea. “Se anche questi Paesi riconoscessero il Kosovo – ha spiegato Tahiri – questo darebbe un contributo importante alla stabilità”.
Secondo il vice primo ministro del Kosovo, le relazioni con l’Unione Europea sono “un’opportunità e una responsabilità reciproca”: se da un lato cioè Pristina si “impegnerà a raggiungere gli standard europei, riformando il Paese”, l’aspettativa è che che Bruxelles si impegni per il raggiungimento di “pace e stabilità” nell’area.
Letizia Pascale