Bruxelles ha compiuto l’ultimo passo con l’entrata in vigore della direttiva per la definitiva messa al bando i test cosmetici sugli animali, nessun ingrediente, anche quelli dagli effetti più complessi, potrà essere più testati su delle cavie. Una forte presa di posizione dell’Europa a favore della ricerca di metodi di sperimentazione alternativi, ma per gli animalisti più ortodossi, nella lotta alla vivisezione c’è ancora molto lavoro da fare: se la cosmesi è cruelty-free, l’attenzione adesso si sposterà sul settore farmaceutico.
L’industria della cosmesi europea è leader nel mondo, con un fatturato di 71 miliardi di euro nel 2010. La Commissione europea spera ora che il divieto di commercio di cosmetici i cui ingredienti sono stati testati solo su animali, possa essere da esempio anche al di fuori dei propri confini, ad ora solo Israele aveva messo al bando test su animali per cosmetici e detergenti.
Ci sono voluti 20 anni di lotta da parte di molte associazioni animaliste, ma alla fine, anche l’ultima fase di attuazione della Direttiva 2003/15 è entrata in vigore. Il processo legislativo è stato lento e graduale, è cominciato nel 1993, con l’emanazione della prima direttiva. Solo nel 2004 però sono stati vietati nell’Ue i primi test sugli animali, quelli sul prodotto cosmetico finito, nel 2009 il divieto si è esteso anche ai singoli ingredienti presenti in questi prodotti. È entrato così a pieno regime il “divieto di sperimentazione”.
Il passaggio successivo (del marzo 2009) è stato il divieto anche della commercializzazione dei prodotti cosmetici i cui ingredienti erano stati testati su animali, anche se i test fossero avvenuti in Paesi fuori dai confini dell’Ue. Ma restava ancora un ultimo passo da compiere. Finora infatti i test sugli animali erano ancora consentiti ma solo su quei pochi ingredienti i cui possibili effetti sulla salute umana erano ritenuti troppo complessi per essere testati solo con metodi alternativi: tossicità a dose ripetuta, tossicità riproduttiva e tossicocinetica. Ma alla fine anche su questi ultimi ingredienti è stato imposto il ‘cruelty-free’.
“Abbiamo temuto fino alla fine che questo divieto subisse l’ennesimo ritardo o venisse annacquato dalle solite deroghe”, ha spiegato Zanoni, eurodeputato Alde e vice presidente dell’Intergruppo Benessere degli Animali al Parlamento europeo, secondo cui “ora possiamo girare pagina una volte per tutte con questo abominio”. Un rischio temuto da molti, tra i primi dalle associazioni animaliste del gruppo Cruelty Free International, che hanno fatto campagna affinché non si verificasse un ritardo e che da oggi si vedono già impegnate in una nuova campagna perché il bando europeo venga adottato a livello mondiale.
La presa di posizione di Bruxelles, da sola, però non garantisce che sul mercato europeo ci saranno solo e unicamente prodotti non testati. Il “divieto di commercializzazione” non proibisce infatti l’importazione di prodotti testati sugli animali in altri Paesi, ma ne richiede un secondo test con sistemi alternativi. Un rossetto può, quindi, essere testato in Cina, per esempio, su dei conigli. Ma perché possa essere rivenduto nei negozi di tutta Europa, deve solo essere testato una seconda volta con altri metodi dal produttore europeo.
Inoltre questo bando è strettamente legato all’industria della cosmesi e lascia totalmente libero il settore farmacologico per il quale le cavie sono ancora usate. Non perché sia più conveniente o costi meno, ma perché, secondo l’Europa, in questo caso i test sugli animali sono più sicuri per assicurare la salute umana. E qui c’è una scappatoia che permetterà anche all’industria della cosmesi di trarne un vantaggio: molti ingredienti testati su cavie per fine farmacologico, potranno essere usati nei prodotti cosmetici. Insomma i test sugli animali verranno fatti comunque, e così proibirne l’uso nel campo cosmetico sarebbe quasi uno spreco, dice qualcuno a Bruxelles.
Camilla Tagino