Il ministro agli Affari europei: “Gli Stati devono poter investire di più per stimolare la crescita”
L’Ue dovrebbe chiudere un occhio per chi ha rapporto deficit/Pil in regola col patto di stabilità
Il Fiscal Compact va ammorbidito, o comunque va dato modo agli Stati di poter investire più soldi pubblici, anche se questo può voler dire sforare il Patto di stabilità e il limite del 3% nel rapporto deficit/Pil. È la linea che sosterrà l’Italia nel prossimo Consiglio europeo di giovedì e venerdì, secondo il ministro per gli Affari europei Enzo Moavero Milanesi, oggi a Bruxelles per il Consiglio Affari generali. Come nel suo stile Moavero pesa ogni parola e dice: “È importante il richiamo al cosiddetto ‘preventive arm’, quel margine tra pareggio di bilancio e deficit del 3% nel quale può esistere la possibilità, da valutarsi caso per caso, di considerare determinati margini per procedere a investimenti pubblici e produttivi”.
A patto di non tornare alla gestione disinvolta dei conti pubblici, gli Stati che si sono avvicinati o hanno raggiunto a pieno le prescrizioni del Fiscal compact, devono poter avere dei margini di manovra nelle uscite, in modo da poter aiutare l’economia, perché l’austerità e il rigore da soli non riporteranno alla crescita. Questi investimenti però, spiega Moavero, “devono garantire un ritorno, forme di garanzia di occupazione per categorie più deboli come i giovani e le donne. Devono essere investimenti volti a garantire una migliore efficienza nel funzionamento di settori chiave come l’energia, il digitale e le telecomunicazioni”. L’Italia proporrà di includere tra questi investimenti su cui l’Ue dovrà chiudere un occhio “anche il cofinanziamento di iniziative europee”. Naturalmente, precisa il ministro, “la Commissione avrà l’ultima parola ma credo si possano consentire dei margini di manovra”. Quello che resta da capire nell’idea del governo italiano è se la proposta sia di scorporare gli interventi dello Stato per la crescita, dai conteggi economici al fine di raggiungere gli impegni del Fiscal compact, o piuttosto semplicemente di consentire, in determinate e concordate situazioni, sforamenti temporanei dai margini.
In questa battaglia l’Italia non sarà certo sola. Anche il ministro dell’Economia francese, Pierre Moscovici, ha dichiarato giorni fa che alla Commissione non chiederà sconti ma sicuramente una proroga dei termini di raggiungimento dell’obiettivo del 3% nel rapporto deficit/Pil. Questo perché, spiegò, “l’Ue sa bene che oltre alle riforme strutturali, che stiamo mettendo in atto, ci sono condizioni economiche, come la crescita, che non possono essere accantonate”.
Insomma, sicuramente messi in guardia anche dal risultato elettorale italiano, diversi Stati europei (il nostro in testa), stanno cominciando a spostare l’accento dal ‘rigore’ ad altre parole chiave. “C’è un trittico di elementi chiari, alcuni compiuti, altri maturi altri ancora in costruzione” afferma Moavero. “Il primo è ristabilire fiducia tra gli Stati sulla tenuta dei rispettivi bilanci”, ovvero la disciplina fiscale, “il secondo l’adozione di un patto per crescita e occupazione, e terzo la dimensione sociale”. Vedremo quanto margine di trattativa avrà in questa discussione un Governo che ha le ore contate e che sarà costretto a lasciare il vertice in anticipo per la convocazione della prima seduta del nuovo Senato prevista per venerdì.
A. B.
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