Più di metà dei cittadini vorrebbe ritirare la candidatura; tra le questioni “spinose” pesca e Pac
Il Comitato delle Regioni visita la capitale per promuovere il percorso di adesione europea
L’Islanda frena e si allontana dall’Unione europea. Dagli ultimi dati Gallup emerge che, contrariamente all’iniziale entusiasmo, adesso che le acque della crisi si sono calmate e le finanze nazionali paiono assestate, i 320mila abitanti del minuscolo stato non apprezzano più l’idea di entrare a far parte dell’Unione europea. Secondo le ultime rilevazioni quasi sei intervistati su dieci vorrebbero che la candidatura venisse ritirata. A dire il vero l’Islanda, che fa parte dello Spazio economico europeo (Ees), l’area di libero scambio con l’Ue, non ha mai avuto grandi ambizioni europee, visto che si è avvicinata all’Ue solo nel 2009 in seguito allo scoppio del terremoto finanziario che scosse l’isola e spinse il primo ministro islandese, Jóhanna Sigurðardóttir, eletta sull’onda della protesta contro il vecchio governo di centrodestra, a scegliere l’ingresso nell’Unione europea e l’adozione della moneta unica perché considerate “la migliore opzione” per il Paese.
La situazione è molto seria: a metà dello scorso gennaio l’Islanda aveva già sospeso i negoziati sull’adesione per la campagna elettorale, e ora si attende il risultato delle elezioni parlamentari del prossimo 27 aprile per decidere se proseguire o meno il cammino comunitario. Per il momento il partito conservatore (quello che portò il paese alla rovina) e che ora si oppone all’entrata in Europa, secondo i sondaggi è in netto vantaggio rispetto al governo di centrosinistra. Tutto il lavoro fatto dal premier socialdemocratico Johanna Sigurðardóttir, rischia dunque di essere gettato via. Ed è stato un gran lavoro, perché ci sono e molte questioni spinose con Bruxelles. In particolare il governo di Reykjavik ha incontrato molte difficoltà nel raggiungere un accordo sulla Politica Agricola Comune (Pac) e sulle quote pesca – il ramo principale dell’economia islandese – in particolare per lo sgombro.
Intanto il lavoro per preparare l’eventuale adesione va avanti. I rappresentanti del Comitato delle Regioni dell’Ue hanno incontrato le autorità islandesi a Reykjavik, per fare il punto sul processo di adesione all’Unione europea. Si è parlato soprattutto di fondi europei di pre – adesione e della necessità, per l’Islanda, di aumentare le capacità di assorbimento nonché del futuro impiego dei fondi strutturali a livello locale. Obiettivo della riunione del Joint Consultive Committee – il Comitato volto a favorire il dialogo politico tra i rappresentanti delle istituzioni europee e quelli locali dei paesi che hanno chiesto di entrare a far parte dell’Unione europea – era anche quello di “tastare il terreno”. Il CoR ha voluto verificare, con la sua visita, il ruolo delle autorità locali nel percorso di adesione e accertarsi che – si apprende da un comunicato – “le municipalità islandesi siano davvero impegnate nel portare avanti le procedure per l’entrata a tutti gli effetti nell’Ue”. Su questo punto rassicuranti paiono le parole del sindaco di Reykjavik, Jón Gnarr che ha sottolineato come il ruolo dei Comuni sia centrale nel rafforzare il dibattito democratico con i futuri cittadini europei: “Gli islandesi devono essere attivamente coinvolti nel processo decisionale che porterà ad aderire all’Ue e prenderne parte”, ha affermato.
La co – Presidente del JCC e Vicepresidente del CoR Mercedes Bresso ha puntualizzato che: “Il nostro scopo è quello di lavorare insieme al processo di negoziazione assicurandoci che le questioni sollevate dalle autorità regionali e locali siano adeguatamente considerate nel dialogo tra le parti. Sono convinta che solo in questo modo possiamo assicurare che i cittadini e i loro rappresentanti tanto in Islanda quanto negli stati membri europei prendano, alla fine dei negoziati, una decisione ragionata”.
Loredana Recchia