Donne vittime in almeno 13 Paesi dell’Unione Europea. Parte una consultazione pubblica per chiedere ai cittadini un parere su quale sia il modo migliore per elaborare misure di lotta
Le vittime sono anche in mezzo a noi, nei civilissimi Paesi dell’Unione Europea. Bambine e ragazze, che diventano donne, portando silenziosamente sul corpo e nella mente i segni di una pratica barbara e lontana dall’essere sconfitta: le mutilazioni genitali femminili. Un fenomeno “globale e transnazionale” lo definisce una relazione commissionata dalla Vicepresidente della Commissione Europea, Viviane Reding, all’istituto europeo per l’eguaglianza di genere (Eige) e diffusa oggi, ad un mese dalla Giornata internazionale contro questa pratica (celebrata il 6 febbrao scorso). Sebbene non esistano prove certe che la mutilazione venga effettuata anche nei Paesi membri, quello che è certo è che in almeno 13 Stati europei, Italia inclusa, si contano vittime o potenziali vittime di questo fenomeno. Nel nostro Paese ma anche in Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Spagna, Finlandia, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Portogallo, Svezia e Regno Unito, vivono migliaia di donne e bambine che hanno subito mutilazioni genitali prima di trasferirsi in Europa o durante soggiorni al di fuori dei confini.
Per eliminare questo fenomeno, continua la relazione dell’Eige, sarà necessaria una serie di azioni incentrate su raccolta di dati, prevenzione e protezione delle ragazze a rischio, ma basata anche sul perseguimento penale dei responsabili e sull’offerta di servizi alle vittime. In base ad una direttiva adottata dall’Unione nel 2012 le donne che hanno subito mutilazioni genitali hanno già diritto alla protezione. Ma l’Europa ha deciso di aumentare il suo impegno: la Commissione ha fatto sapere che stanzierà 3,7 milioni di euro per finanziare attività degli Stati membri intese a sensibilizzare contro questa pratica. Altri 11,4 milioni, poi, andranno a favore delle Ong e delle associazioni che lavorano con le vittime.
Non solo. La Commissione ha lanciato oggi anche una consultazione pubblica (che resterà aperta fino al 30 maggio) per chiedere ai cittadini un parere su quale sia il modo migliore per elaborare misure di lotta contro le mutilazioni genitali femminili. Nonostante in tutti gli Stati membri dell’Ue e in Croazia siano in vigore norme che permettono di perseguire penalmente gli autori di mutilazioni genitali, infatti, i casi concreti di perseguimento sono molto rari: è difficile scoprire il reato e raccogliere prove sufficienti, ci si scontra con la riluttanza a denunciarlo ma soprattutto con la mancanza di conoscenze su questa pratica.
Oggi la vicepresidente Reding e la Commissaria per gli Affari interni, Cecilia Malmström hanno incontrato le principali attiviste mondiali impegnate in questa battaglia: tra loro Waris Dirie, “Fiore del deserto”, Khady Koita e Chantal Compaoré, first lady del Burkina Faso. Insieme hanno invocato tolleranza zero contro una pratica che colpisce ancora centinaia di migliaia di donne. “L’Unione Europea lotterà per porre fine alle mutilazioni genitali femminili, non solo nella Giornata internazionale della donna, ma tutti i 365 giorni dell’anno” ha assicurato Reding. Malmström ha sottolineato invece l’importanza di offrire protezione alle vittime o a quei genitori che temono di essere perseguitati perché rofiutano di sottoporre le figlie alla mutilazione: “Il rischio di essere sottoposte a tale pratica – ha detto – deve costituire un motivo valido per la concessione dell’asilo o della protezione umanitaria”.
Letizia Pascale
Articoli correlati:
– Le eurodeputate ballano per dire “Basta violenza sulle donne” (Foto e Video)
– Il Parlamento chiede aiuto in difesa delle donne