Gli ex dittatori del Myanmar ora sono “civili” presidenti e membri del governo in visita all’Ue
Sono tante le riforme ancora da fare nel Paese di Aung San Suu Kyi, ma l’Europa ci vuole credere
L’elezione in Parlamento della leader dell’opposizione democratica, Aung San Suu Kyi, l’introduzione della libertà di espressione, l’apertura agli investimenti stranieri, le trattative per garantire al Paese una pace definitiva. Questi sono, per l’ex Birmania anni cruciali: quelli della costruzione di una democrazia sulla pesante eredità di una dittatura militare al potere dagli anni sessanta. Un passaggio delicatissimo ed impegnativo su cui sono puntati gli sguardi della comunità internazionale. A dimostrarlo lo storico primo viaggio europeo dell’ex generale della giunta militare, ora presidente del Myanmar, Thein Sein, a colloquio ieri con i vertici dell’Unione, insieme al ministro degli affari esteri del Paese, U Wunna Maung Lwin.
“Stiamo lavorando al rafforzamento del processo democratico e ad una pace durevole. Abbiamo attuato riforme per migliorare le condizioni della popolazione e vedremo la libertà di associazione diffondersi presto”, ha fatto il punto sulla situazione il presidente Sein. Ma “dobbiamo combinare questi sforzi, con la crescita dei posti di lavoro e del reddito”. Per questo la richiesta all’Europa è quella di eliminare le sanzioni adottate a suo tempo contro il regime militare del Myanmar, oggi soltanto sospese. “Senza le sanzioni – spiega il presidente birmano – ottenere questi risultati sarebbe più semplice”.
Nella mattinata di ieri i vertici dell’ex Birmania hanno incontrato il presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Barroso, che ha esortato il Paese a non sprecare questa chance unica di cambiamento: “per la prima volta nella storia recente il Myanmar ha l’opportunità di ottenere la pace”. Molte cose sono cambiate nel Paese, ha riconosciuto il presidente della Commissione, ricordando la propria visita in Myanmar dello scorso novembre, ma “la transizione non è completa. Molte sfide restano aperte: come il miglioramento generale delle libertà fondamentali, in particolare dei diritti delle minoranze, la situazione umanitaria negli stati del Kachin e del Rakhine, la fine dei conflitti e riforme democratiche in vista delle elezioni del 2015”.
Risultati a cui anche l’Europa vuole contribuire con il suo appoggio. Per questo si valuterà la possibilità di un accordo di investimento bilaterale, hanno fatto sapere Barroso e il presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy. “Come partner, l’Unione Europea aiuterà il Myanmar ha ottenere una pace durevole e una democrazia stabile”, ha promesso il presidente Ue.
Nel pomeriggio i dialoghi europei dei vertici del Myanmar sono continuati al Parlamento europeo dove il presidente, Martin Schulz ha voluto rispondere alla richiesta di cancellare il più in fretta possibile le sanzioni a carico del Paese: per poterlo fare, ha spiegato, “un sostenibile sviluppo democratico è un punto fondamentale. Si deve dimostrare che una profonda democrazia è credibile”.
Di come sta evolvendo la situazione birmana ha poi reso conto anche il ministro degli Affari esteri U Wunna Maung Lwin, incontrando i deputati della commissione agli Affari esteri. Gli europarlamentari hanno fatto notare come nel Paese rimangano molte violazioni dei diritti dell’uomo: casi di lavoro forzato, libertà dei media ancora limitata, prigionieri politici non rilasciati, e un cessate il fuoco ancora non ottenuto nella regione del Kachin.
Tutte questioni su cui si sta lavorando, ha rassicurato il ministro degli esteri che ha promesso: “Siamo determinati ad andare avanti con le riforme e sulla base della fiducia potremo stabilire una relazione fruttuosa con l’Unione Europea”.
Letizia Pascale