I grillini. Come si diceva una volta si spenderanno fiumi d’inchiostro per spiegare chi sono, che vogliono, c’è chi sa già dove andranno. Ci sono in giro già molti libri, segnalo quello di un mio amico, Alessandro Lanni.
Ho poche cose da dire su di loro, ma la prima è: rispetto. Sono milioni gli italiani che hanno deciso di dare la loro fiducia a questa giovane pattuglia e al leader (o due) del Movimento. Per esser chiari gli elettori alla Camera, il campione più rappresentativo perché ci sono tutti, hanno dato più voti a loro che a Pierluigi Bersani, che a Silvio Berlusconi (che personalmente era candidato al Senato, ma il suo partito c’era anche alla Camera). Mario Monti “il professore” è stato bellamente sbeffeggiato dagli elettori italiani, è arrivato ultimo, non ha stimolato la fiducia dei cittadini. Pattuglie di ministri, ex ministri, risorse della nazione, fini intellettuali e sapienti politici sono stati surclassati da studenti fuori corso, impiegati (neanche dirigenti, impiegati proprio), disoccupati. Una fetta vera ed abbondante del paese reale. Non un paio di operai tanto per averli. Non gli avvocati dei quali è tradizionalmente imbottito il Parlamento, non i funzionari di partito, non i mediocri cooptati chissà perché dai partiti (forse perché facciano numero e non disturbino il manovratore?).
La seconda è che non voglio sentire parlare di età. E’ vero, sono in gran parte ragazzini, è vero, non hanno esperienza amministrativa e forse di niente proprio. Ma ricordiamo il “Giudice ragazzino”, il magistrato Rosario Livatino, sprezzantemente chiamato ragazzino perché era un ragazzo, e poi fu ucciso a 38 anni, poco più che un ragazzo, dopo aver scoperto importanti legami tra massoneria e mafia (1). Pensiamo più vicino: Scilipoti, De Gregorio, Milanese, Papa, o anche Casini e Veltroni hanno saputo trasformare questo paese da zucca in carrozza? Non direi. Direi anzi che dopo vent’anni di Berlusconi è difficile che una pattuglia di persone per bene, e in buona fede, possa collaborare a conciare peggio il paese di come sia stato fatto fino ad ora. Sbaglieranno a scrivere una legge? Non sarebbe la prima volta (anzi, spesso lo si è fatto apposta, sperando di svicolare i controlli), e c’è sempre il modo di rimediare. Poi impareranno anche loro.
C’è anche da dire che fa bene Grillo ad alzare il tiro. E’ necessario che metta le cose in chiaro, che i partiti tradizionali (per i quali io ho votato), devono radicalmente cambiare l’approccio. Sono forse spaesati i vecchi del Parlamento, è giusto che lo siano, è giusto che capiscano che uno come Francesco Boccia non è giusto che sieda in Parlamento. Non è illegale, ma è ingiusto perché gli elettori lo hanno più volte bocciato quando è stato presentato alle primarie, perché è un mediocre (politicamente), perché è un classico furbo navigatore del sottobosco politico, come il suo collega Andrea Romano, campione di Monti in Toscana. Gente piena di titoli meritati o meno, ma che è lontana dall’aver dimostrato di essere utile all’Italia. Ma che ha saputo essere molto utile a se stessa.
Però, però, però. Grillo ha almeno due doveri, che come italiano non suo elettore ho comunque il diritto di chiedergli di onorare, proprio perché ha saputo rappresentare così tanta parte della mia gente. Il primo è che deve arrivare ad avere una vera democrazia e trasparenza interna al movimento. Altrimenti resterà uguale (come adesso nella sostanza è) al Pd degli amici (che però almeno i congressi li celebra) o al Pdl degli “eletti” da Berlusconi. Ecco, direi che attualmente il Movimento 5 Stelle ha la stessa democrazia interna del Pdl: niente congressi, niente primarie, niente vita di partito e sul territorio, ma una classe politica scelta dal capo. Si dirà che i grillini sono comunque gente per bene, del popolo, sì è probabilmente vero, ma per eventualmente votarli, la prossima volta, o per sapere che interessi difendono se ora vanno al governo, vorrei conoscerli e sapere come sono selezionati.
La seconda è che ora Grillo e i suoi devono dire cosa vogliono fare e come. Fino a una settimana fa è stato tutto sommato facile, dire quello che non va dell’Italia è uno sport diffuso, nei bar, sugli autobus, nelle università, nel mondo del cinema, tra i giornalisti. Siamo buoni tutti (non proprio, Giulio Tremonti lo negava) a dire che il patrimonio culturale va utilizzato meglio. Ora che sono loro i conduttori dell’Italia devono spiegarci come fare a realizzare questi obiettivi e devono anche farci vedere che sono in buona fede pronti a farlo, ad assumersi le responsabilità, a faticare per capire come gestire, a subire le critiche di chi, anche tra i loro, gli diranno che stanno sbagliando, a fare delle scelte. A fare politica e non protesta.
(1) Ecco quanto disse di Rosario Livatino l’allora presidente della Repubblica Francesco Cossiga: “Possiamo continuare con questo tabù, che poi significa che ogni ragazzino che ha vinto il concorso ritiene di dover esercitare l’azione penale a diritto e a rovescio, come gli pare e gli piace, senza rispondere a nessuno…? Non è possibile che si creda che un ragazzino, solo perché ha fatto il concorso di diritto romano, sia in grado di condurre indagini complesse contro la mafia e il traffico di droga. Questa è un’autentica sciocchezza! A questo ragazzino io non gli affiderei nemmeno l’amministrazione di una casa terrena, come si dice in Sardegna, una casa a un piano con una sola finestra, che è anche la porta”. Anni dopo l’assassinio, forse travolto dalla vergogna di queste parole, smentì di riferirsi a Livatino.