La città si candida a Capitale europea per il 2019. Intervista a Pierluigi Sacco, direttore del progetto e professore di economia della cultura all’Università IULM di Milano
Perché Siena si candida a capitale europea della cultura 2019?
Le città d’arte italiane non hanno motivi particolarmente pressanti per candidarsi a capitale europea della cultura. Tra queste c’è anche Siena, il cui patrimonio artistico e culturare è già universalmente riconosciuto. Il titolo di capitale europea della cultura non è un riconoscimento per ciò che si ha, ma è concesso a chi dimostra di voler fare della cultura uno strumento innovativo ed efficace per risolvere vere criticità sociali ed economiche e per rilanciare situazioni di sviluppo compromesse.
Siena, in questo momento, deve reinventare il suo modello di sviluppo locale per riportare al centro la cultura, sostituendo i modelli che hanno dato esiti piuttosto negativi alla sostenibilità di lungo termine del territorio. Per fare questo Siena vuole porsi, grazie alla sua identità culturale e al suo patrimonio, come piattaforma di sperimentazione di soluzioni innovative, che non siano centrate sul turismo. Siena non ha bisogno di aumentare i suoi flussi turistici, ma di migliorarne la qualità. Vogliamo puntare soprattutto sulla capacità di produrre contenuti creativi, lavorare alle frontiere del rapporto tra produzione culturale e nuove tecnologie, sulla inclusione sociale e la partecipazione dei cittadini. Siena vuole rilanciarsi partendo non tanto dalla sua già note identità e tradizione di città d’arte e di provincia con quattro siti Unesco, quanto piuttosto come laboratorio di sperimentazione, aperto non solo al dialogo con l’Europa ma anche con i paesi emergenti nel campo della produzione culturale.
Quali sono i punti forti della candidatura di Siena?
Da un lato il carattere innovativo di alcuni dei progetti che stiamo mettendo in campo, dall’altro la robustezza dei legami internazionali su cui stiamo costruendo il progetto. Un altro punto forte è rappresentato dalla cultura della partecipazione della città che, opportunamente stimolata, può fare la differenza in termini di intensità di partecipazione. Abbiamo certo anche delle forti criticità con cui ci dobbiamo confrontare, ma pensiamo che questo confronto sia uno stimolo per evidenziare ancora di più i nostri punti di forza.
C’è un’immagine che si possa associare alla candidatura di Siena?
Abbiamo costruito un logo molto particolare che ci piace definire partecipativo. Presentiamo la balzana senese, lo stemma bianco-nero che rappresenta la città, a cui ogni soggetto che parteciperà alla candidatura potrà abbinare la sua immagine. Vogliamo che l’immagine di questa candidatura sia la somma e la personalizzazione di tutti coloro che contribuiscono a portarla avanti.
E in termini di dialogo con l’Europa e di innovazione?
In termini di dialogo con l’Europa stiamo intraprendendo molte iniziative. Fin dall’inizio abbiamo creato un comitato internazionale che raccoglie esperti e protagonisti di candidatura di altre città europee del presente, del passato e anche dei prossimi anni. L’innovazione è un tema sul quale lavoreremo molto, in particolare ci interessa il rapporto tra la cultura e le nuove tecnologie. Vogliamo aumentare anche la partecipazione attiva dei cittadini, che a Siena, grazie soprattutto all’eredità storica delle contrade, è stata sempre davvero eccezionale.
Come hanno reagito i cittadini di Siena rispetto alla candidatura?
In un momento difficile come questo, dove peraltro si sovrappongono la crisi della città, la campagna elettorale e le elezioni del sindaco (in questo momento il comune di Siena è commissariato ndr.), l’opinione pubblica ha le posizioni più varie. Anche per le difficoltà legate al commissariamento, saremo in grado soltanto tra pochi giorni di mettere on-line il sito con il progetto di candidatura. E questo incide, soprattutto in una prima fase, sulla capacità di coinvolgere i cittadini.
Nonostante queste difficoltà, abbiamo lavorato soprattutto sugli incontri, attravesro numerosissimi appuntamenti e iniziative. Laddove c’è stata un’occasione concreta di confronto la risposta è stata sempre molto buona. La città, una volta compresa la logica della candidatura, reagisce bene. Quando il cittadino capisce che il progetto di candidatura può contribuire a ribaltare una situazione di crisi, partecipa con entusiasmo. Io sono fiducioso che nei prossimi mesi, man mano che riusciremo a presentare le varie iniziative, compreso un punto mobile che girerà tutto il territorio della città e della provincia, i cittadini si faranno coinvolgere sempre di più.
La vicenda della banca Monte Paschi, rischia di compromettere il progetto di candidatura?
E’ chiaro che Monte Paschi ha sostenuto questa candidatura, e che la sua crisi ne limiterà l’intervento finanziario. Stiamo però lavorando all’allargamento della base di sostegno economico e finanziario, che comprende la regione e gli amministratori locali. Ma stiamo anche ragionando sulla possibilità di attrarre risorse esterne, perché il territorio senese è un ricettore interessante per potenziali sponsor stranieri. Malgrado queste oggettive difficoltà finanziarie, soprattutto rispetto ad altre candidate italiane che si trovano in una situazione migliore, io credo che la candidatura di Siena sia uno stimolo per cercare soluzioni innovative che ci consentano di rendere la candidatura sostenibile.
Lei che è professore di economia della cultura, ci può fare qualche cifra a proposito del ritorno degli investimenti in campo culturale? La commissione Europea dice che per ogni euro investito nell’economia della cultura ne entrano otto. Il vostro progetto prevede la presentazione di qualche cifra in questo senso?
L’Europa non finanzia direttamente il programma della capitale della cultura. Non a caso quello di Melina Mercouri è un premio, non un finanziamento. E questo perché non si intende concedere finanziamenti incondizionati alla città vincitrice. Lo stesso premio non viene dato automaticamente, bisogna meritarselo con determinati indici di performance. E’ infatti molto chiaro per la Commissione Europea che le città candidate devono trovare da sole la sostenibilità dei loro progetti.
Il budget di una capitale europea della cultura si aggira intorno ai 70-100 milioni di euro. Non è una cifra enorme per un progetto di questo tipo, se la paragoniamo per esempio alle olimpiadi, ma in tempi difficili come questi costituisce una sfida non indifferente. Gli studi fatti dalla Commissione Europea sulla sostenibilità delle candidature precedenti, dicono che circa il 70% dei finanziamenti arriva da fondi pubblici di varia natura, mentre il 30% arriva da sponsorizzazioni private. In questo 70% la parte del leone la giocano i fondi strutturali, quindi di fatto fondi europei che vengono messi a disposizione delle regioni e che le regioni possono usare per finanziare progetti di lungo termine nei quali rientrano le capitali europee della cultura.
In alcuni casi partecipa anche lo stato stesso, ma in questo momento da Roma non si sa ancora nulla. Dagli studi che abbiamo, ormai molti, è realistico confermare che il moltiplicatore di ogni euro speso in progetti di capitali europee della cultura, è di 7 o 8 che è abbastanza in linea con quello che avviene per i progetti strategici culturali. Queste cifre fanno capire che quando si investe seriamente nella cultura si possono davvero cambiare le sorti di un territorio.
La cultura sta attraversando una fase difficile. I governi che si sono succeduti negli ultimi anni non hanno dimostrato grande interesse per il potenziale di sviluppo che la cultura può generare. E le conseguenze purtroppo si vedono. La cultura in Italia è ancora estremamente marginale. Tutt’ora nel dibattito politico che ci accompagna nelle elezioni nazionali la cultura non gioca un ruolo di particolare importanza, cosa che al livello internazionale non cessa di stupire gli osservatori esterni.
In termini di volumi di spesa noi abbiamo una percentuale del pil ridicola destinata alla cultura – inferiore allo 0.2% – che se confrontata con altri paesi ci fa capire che non esiste proprio la consapevolezza del potenziale di sviluppo della cultura. Sarebbe auspicabile che, malgrado le difficoltà economiche, il prossimo governo, qualunque esso sia, torni ad allineare i livelli di spesa a quelli dei paesi europei comparabili al nostro. Ma occorre un salto culturale nell’amministrazione pubblica e soprattutto nel governo del paese che per il momento è un po’ difficile immaginare.
Che tipo di ritorno Siena si aspetta?
Siena mira a diventare un laboratorio che dimostri come la cultura possa realmente cambiare un’economia locale e quindi diventare anche una fonte di ispirazione per le politiche nazionali. Il ritorno che ci aspettiamo è in primo luogo un’attrazione sostanziale di investimenti stranieri. Perché pensiamo che Siena possa diventare un luogo estremamente competitivo sotto il punto di vista dell’economia della cultura. Attrarre non soltanto gli investimenti ma anche talenti e competenze, e creare le condizioni per diventare un vero e proprio centro di elezione per i professionisti della cultura e della creatività, che possano beneficiare da un lato di una grande concentrazione di talenti e competenze ma anche di livelli notevolissimi di qualità della vita e qualità ambientale come sono quelli del territorio senese. Vogliamo ottenere anche attraverso il coinvolgimento attivo della città una forte capacità di creare aggregazione intorno alla cultura. Stiamo infatti puntando anche sui temi dell’accesso e della disabilità. Tra gli obiettivi c’è anche quello di rendere Siena nel 2019 una città accessibile per le persone che hanno problemi di motricità. Infine vogliamo lavorare sulla riattualizzazione del potenziale produttivo economico del patrimonio culturale, non tanto attraverso i modelli consueti di valorizzazione turistica, che a Siena sono già ampiamente attivi, quanto piuttosto lavorando sui nuovi temi degli archivi, delle biblioteche digitali, nuove forme di esperienze del patrimonio culturale attraverso le nuove tecnologie. Questi sono alcuni degli effetti principali che ci riproponiamo di ottenere.
Questi progetti li attuerete anche se Siena non venisse nominata capitale europea della cultura?
E’ molto importante concentrarsi su progetti che si possano attuare comunque, perché Siena ha bisogno di questi progetti a prescindere dal titolo. Partecipare alla gara ci serve per avere un ulteriore riconoscimento. Per questo stiamo lavorando alla sostenibilità di questi progetti anche se Siena non dovesse aggiudicarsi il titolo.
Sarebbe un peccato sprecare non solo le risorse economiche, ma anche le competenze che si sono messe in campo, e le idee. E’ da salutare con grandissima soddisfazione la nascita della piattaforma “Italia 2019” che riunisce le città impegnate a realizzare progetti di interesse nazionale. Già solo questo potrebbe dare una forte spinta allo sviluppo culturale che è praticamente senza precedenti nella storia del nostro paese.
Chiara Celluprica
La pagina Facebook della candidatura è qui.
La panoramica delle città italiane candidate a capitale europea della cultura 2019 tornerà domenica prossima con Brindisi.