La paura è l’instabilità. Passato il panico, durato qualche settimana, per il ritorno sulla scena internazionale di Silvio Berlusconi, in Europa ora il pericolo ha cambiato nome e si chiama Beppe Grillo. Gli osservatori europei oramai si sono convinti che il Pdl e la Lega Nord non torneranno al governo, ma temono che la vittoria, attesa, del centrosinistra possa non essere solida, o sia comunque minata da una forte pattuglia di ingovernabili, soprattutto sconosciuti, grillini.
Il Financial Times valuta il quadro in base alle ultime ipotesi avanzate dai sondaggisti (sulla stampa svizzera, visto il divieto di rendere noti i sondaggi in Italia). Secondo le ultime notizie su questo fronte Mario Monti, “la cui ascesa fu sostenuta da Berlino e Bruxelles ma che è impopolare a casa sua per via delle misure di austerità”, potrebbe non raggiungere il 10%, il che vorrebbe dire mancare del tutto una rappresentanza parlamentare, il Pdl arriverebbe terzo lasciando la seconda piazza a Grillo. “Questo lancerebbe un messaggio allarmante all’Europa”, scrive il quotidiano britannico con olimpica semplicità. Più che “la prospettiva di un governo debole”, al quale per l’Italia in Europa sono tutti abituati, e sarebbero anzi meravigliati se fosse solido e duraturo, per il quotidiano a spaventare il resto del continente “è la prospettiva di un Parlamento con 100 sconosciuti deputati del Movimento 5 Stelle, nessuno dei quali ha una esperienza politica, tutti determinati a rovesciare lo status quo”.
Pierluigi Bersani, il Pd e anche Nichi Vendola, non preoccupano da tempo nessuno in Europa. Hanno anzi molti ed oramai influenti estimatori, come il presidente francese François Hollande. La loro vittoria, che in base ai sondaggi noti è attesa, è anche oramai desiderata, visto che Monti è considerato oramai bruciato (anche se si ritiene e si spera che Bersani non farà a meno di lui anche in caso di vittoria ‘autonoma’). Il professore era la prima scelta dei leader europei, in particolare del centrodestra, che lo preferì al candidato naturale Berlusconi in una determinante riunione del Partito popolare europeo, del quale il cavaliere è membro e il professore no, due mesi fa. Bersani è stato spesso a Bruxelles nell’ultimo anno, in Parlamento è ben conosciuto (e c’è maggior feeling che con Monti), e lo è anche da José Manuel Barroso e Herman van Rompuy, che sono del Ppe, e che lo hanno incontrato all’inizio della campagna elettorale, ricevendone, si dice, una buona impressione. Era chiaro qui a Bruxelles chi sostenesse con più decisione il governo del professore in Parlamento. Quasi entusiasta si era mostrato il presidente “storico” dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker, premier popolare del Lussemburgo. Il presidente Nichi Vendola viene a Bruxelles quasi ogni mese, nel quadro delle attività delle Regioni, e gli sono stati anche affidati delicati dossier. E’ ben conosciuto anche lui.
Coralmente si spera che in Italia si riesca ad avere stabilità, e, visto il quadro, se la coalizione di centrosinistra vincerà solidamente si tirerà un respiro di sollievo. Perché l’aria che tira in Europa non è delle migliori e non ci sono troppi margini per nuovi problemi. Le grandi economie dell’Unione traballano. Negli ultimi giorni sono arrivate pessime notizie dalla Francia, che non cresce come sarebbe necessario e che neanche riesce a mettere in ordine i conti pubblici, e dalla Gran Bretagna, che ha perso una delle sue triple A, quella di Moody’s. Il club dei “primi della classe” è dunque ridotto a Germania, Olanda, Lussemburgo e Finlandia. Un anno fa erano in sei. Ma solo Helsinki è tranquilla nella sua posizione: gli altri tre sotto analisi della società di rating. In questa situazione se in Italia lunedì sera non si saprà con certezza chi sarà il capo del governo e che lo sarà con una maggioranza solida, si aprirà un periodo di tensione. E i nostri titoli pubblici tornerebbero fuori controllo.