Oggi c’è un master per tutto e tutti vogliono un master. Non vale titolo di studio se dietro non c’è anche un master. Va bene essere ingegneri nucleari, ma senza master dove vai? Vorrai mica metterti a pasticciare con l’atomo? Il master è d’obbligo e chi non ce l’ha finge di averlo, cacciandosi anche nell’imbarazzo come accade a Oscar Giannino in questi giorni.
Cercando sul dizionario inglese la parola “master”, ci si accorge però che solo al decimo significato ha qualcosa a che fare con un titolo di studio. Prima viene il padrone di un cane o di una muta di cani da caccia, il padrone di uno schiavo, il capitano di una nave, chi dirige i domestici di una casa, il vincitore di una battaglia, il predicatore in genere, Gesù Cristo in particolare e infine il maestro di scuola. Il “master’s degree” viene quasi in fondo, poco prima di quel Master che gli inglesi rivolgono a un imberbe ragazzo, non più Boy ma troppo giovane per essere già un Mister. Forse Giannino poteva girarla così e sostenere che il Master preso a Chicago era solo il padrone di una muta di cani che gli premeva avere in caso di battuta di caccia. Si sa mai: in politica non vanno ormai cani e porci? E poi padroni di cani come quelli di Chicago in Italia non se ne trovano. Anche il padrone di uno schiavo in un paese di servi può sempre servire. Tutto sarebbe stato più credibile e meno rischioso che inventarsi un master in qualche arte.
Ma diciamolo, i master non si seguono, non si ottengono, non si frequentano: si comprano. E ce ne sono di molto cari. Siccome si è voluta accorciare l’università, ora bisogna compensare con qualcos’altro l’ignoranza che insidia ogni titolo di laurea breve. Perché quando si accorcia la laurea si accorcia inevitabilmente anche la sapienza. Così chi ha i mezzi si paga il master. È la nuova eccellenza della diseguaglianza, la meritocrazia di chi si può comperare anche quello: il merito.
Quando ero ragazzo al paese c’era la figura del “mistrino”. Era l’apprendista, che dopo la terza media andava a mestiere da un artigiano. Guardava, aiutava, prima spazzava solo per terra, poi allungava il martello, poi piantava un chiodo, poi segava un asse e piano, piano imparava l’arte. Allora, per una ritrovata uguaglianza e nel sacrosanto nome delle pari opportunità di studio, che questo sia il modello dei moderni master. Dodicimila dollari per pigiare il tasto che fa scorrere il Power Point alla Harvard University e solo dopo sei o sette master di questi infine l’ammissione a una vera lezione.
Diego Marani