Secondo l’Eurobarometro solo il 36% degli europei conosce i diritti che ci dà l’Unione
Mazzoni (Ppe): “Troppi ostacoli burocratici e nella reciprocità tra gli Stati membri”
Muoversi liberamente, ricevere in modo semplice cure mediche adeguate, esercitare il proprio voto anche in altri Stati. Sono soltanto alcuni dei diritti di cui i cittadini europei dovrebbero potere automaticamente godere in tutti i Paesi dell’Unione. Dovrebbero. Non sempre la caduta delle barriere nazionali ha significato la possibilità di potere godere appieno dei propri diritti politici. Lo hanno capito i componenti della Commissione europea e delle commissioni Petizioni e Libertà civili del Parlamento Ue che oggi hanno dedicato l’intera giornata a un’audizione pubblica della cittadinanza europea. Un momento di confronto con Ong, interlocutori competenti e rappresentanti della società civile per fare il punto, nell’anno europeo del cittadino, sulla partecipazione e la percezione delle istituzioni comunitarie.
“Ci sono diversi fatti rilevanti che rendono impervio il completo esercizio del diritto di cittadinanza” ammette il presidente della commissione Petizioni, Erminia Mazzoni, al termine della giornata. Lampante dimostrazione, sottolinea, ne è il numero di petizioni che ogni giorno la commissione riceve: “Mettono in evidenza quanti ostacoli si frappongono all’esercizio dei diritti: la riduzione della libertà di movimento a causa dell’imponente burocrazia, la carenza nella normativa di attuazione di reciprocità tra gli Stati membri”. Non da ultimo, come dimostra la polemica degli studenti Erasmus circa le elezioni italiane, sempre più cittadini residenti in altri Stati, lamentano difficoltà che limitano un diritto fondamentale come quello di voto.
Sulla percezione delle istituzione europee, invece, arriva qualche segnale incoraggiante. “Ben l’81% sa di essere ormai un cittadino europeo”, fa notare il vicepresidente della Commissione, Viviane Reding, citando i dati pubblicati oggi dall’Eurobarometro. Peccato però che solo il 36% di quegli stessi cittadini europei, si dichiari ben informato sui diritti che questa condizione comporta. “Questo dimostra l’importanza del lavoro che stiamo svolgendo aprendo un dibattito con i cittadini” sottolinea Reding. “In genere i politici fanno discorsi dall’alto verso il basso, ora ci stiamo sedendo intorno ad un tavolo per capire cosa pensano i cittadini”.
L’idea è quella di lavorare a iniziative più piccole ma concrete come, ad esempio, la messa a punto di un tool kit per formare gli amministratori locali dei diversi Stati, che spesso non conoscono i diritti dei cittadini a livello europeo. Si sta anche lavorando, assicura Reding, alla semplificazione delle cure transfrontaliere, al superamento delle difficoltà nel vedere riconosciuti in un altro Stato membro i propri documenti e alla protezione dei cittadini che effettuano acquisti on line oltre confine.
L’audizione pubblica di oggi non è stata un evento isolato, ma soltanto una tappa del percorso che porterà alla formulazione del Rapporto sulla cittadinanza europea, che dovrebbe essere pubblicato a maggio. “La posta in gioco sono i cittadini” ricorda Fernando Lopez Aguilar, presidente della commissione Libertà civili del Parlamento Ue. “Concentrando gli sforzi sulla questione economico finanziaria – ammette – abbiamo perso di vista che la comunità europea non è solo l’euro, ma è fatta di 500 milioni di cittadini. Noi dobbiamo fargli sapere chiaramente che ci occupiamo dei loro diritti”.
Letizia Pascale