Il titolo di studio è diventato in Europa una sorta di moderno titolo nobiliare. E come i titoli nobiliari, soprattutto in certe epoche, si distinguono in antichi e nuovi, in concessi e comprati. Nelle fasi di crisi economica le monarchie, un po’ tutte, si sono spesso rese conto che tanti cittadini meritavano un titolo e quindi li hanno benignamente messi a disposizione in cambio di un sostanzioso contributo economico. Come per un baronato c’è chi, giunto a un certo livello della carriera, si è vergognato di non averlo e chi a quello stesso punto, ne è rimasto affascinato e l’ha comprato.
Ora l’oggetto del desiderio è il titolo di studio, che permette anche di aggiungere un titolo al proprio nome. Da noi bastano tre anni di studio in una qualsiasi facoltà, da ingegneria a infermieristica, da parrucchieria a uno dei tanti rivoli di architettura. Basta questo e si è “Dottore”. In Gran Bretagna o in Germania per diventare Dottore bisogna avere un dottorato, cosa un po’ più complessa di una prima laurea, che permette solo di essere “Signore”, come ogni altro cittadino.
La vergogna e il fascino però hanno regole loro, ed ecco che ben due ministri tedeschi vengono sorpresi, e costretti alle dimissioni, per aver copiato la tesi di dottorato. Almeno, però se la erano letta prima di discuterla (la questione mostra che in realtà esistono delle falle mostruose sul sistema universitario tedesco, ma questa non è la sede per discuterne). In Italia esistono dei veri e propri truffatori e delinquenti, molti concentrati nel settore sanitario, che praticano la professione medica millantando titoli mai ottenuti. E poi ci sono modesti uomini che lasciano cadere lì, durante un’intervista che per loro a Chicago è la città “dove ho preso il master”. Questo signore è il leader di una minuscola formazione politica in corsa alle prossime elezioni, formata, come va di moda ora, di tanti accademici e persone “che hanno studiato”. Il leader non ha fatto grandi studi, ha una laurea ma lì si ferma, a quanto abbiamo potuto trovare su internet (*). E’ però uomo dell’apparire, dello sgargiante e dunque ci prova, forse per mostrarsi alla pari con i suoi compagni di viaggio, forse per darsi più credibilità con gli elettori, e butta lì un master a Chicago. Viene beccato subito.
Però, tutto sommato, pur se la cosa per un politico è della massima gravità, in realtà mostra un atteggiamento positivo verso la cultura e lo studio, nuova nobiltà borghese; c’è un po’ di invidia per chi ha saputo (e potuto) farlo, un pensiero che averlo fatto è meglio che aver rinunciato, anche se magari non serve a niente, si immagina che avere un titolo di studio elevato faccia sentire più sicuri, che certamente dia più prestigio sociale. Meglio che mostrasi con automobili costose o abiti pacchiani (non è questo il caso del signore in oggetto) o esibire un titolo nobiliare che non dimostra nulla sul nostro valore.
(*) Sembra dalle ultime notizie che anche quella, o quelle, perché il signore in oggetto aveva lasciato intendere di avere anche due lauree, non sia /siano vere ma frutto di “malintesi”.