Lo scontro sul bilancio pluriennale dell’Unione europea è una questione puramente politica. Non ha nulla di economico, non ha un valore economico per chi la combatte. E’ lo scontro tra chi pensa che sia meglio affrontare la crisi ognuno per proprio conto, e chi pensa che sia meglio farlo a livello comunitario. E’ l’attacco di chi finge di non sapere che l’Unione permette economie di scala e dunque una maggiore efficienza dei soldi investiti. E’ la battaglia di chi vuol soddisfare, a brevissimo, la pancia dell’elettore più ignorante e gretto.
E la sfida di chi finge di non sapere che il 94% dei soldi versati all’Unione poi tornano agli Stati e che non si foraggia un ente “altro” rispetto ai cittadini europei. E’ la menzogna di chi non ricorda che stiamo parlando dell’1% del Pil europeo, di chi se anche riuscisse a tagliare 100 miliardi dal budget dei sette anni dal 2014 al 2020 risparmierebbe, in media, 500 milioni l’anno in sette anni.
E’ la battaglia della malafede di chi riuscirà, forse, a risparmiare una cifra irrisoria, che poi sprecherà all’interno dei suoi confini con piccole politiche contingenti. Se le farà.
Ed è infine la mediocrità di chi, a capo di istituzioni europee, accetta che, per la prima volta nella sua storia, l’Unione decida un taglio in termini reali ai suoi bilanci, che significa una passo indietro molto più grave dei semplici soldi i meno. Roba da presentare le dimissioni.
Lorenzo Robustelli