In vista del Summit i sindacati dei lavoratori delle istituzioni europee incrociano le braccia
Mauro, Presidente di Renouveau & Democratie: “Non sono i risparmi che faranno ripartire l’euro”
A due giorni dal vertice dei capi di stato che giovedì e venerdì si riuniranno a Bruxelles per discutere nuovamente dell’MFF, il quadro finanziario pluriennale per il periodo 2014 – 2020, si prepara la protesta dei funzionari del Consiglio europeo. Con uno sciopero di otto ore, gli impiegati hanno oggi espresso il loro disappunto per le sempre più concrete voci sui tagli che, in tempi di risparmio e di austerity, andranno a colpire quasi certamente anche il personale delle istituzioni Ue.
“Le economie e i tagli voluti dai contribuenti netti (i Paesi membri che versano più di quanto poi incassano dall’Unione, ndr) paralizzeranno interamente il funzionamento dell’Unione europea perché si tradurranno in una tale diminuzione del numero e del livello delle competenze dei funzionari e degli impiegati che le istituzioni non saranno più in grado di adempiere ai loro incarichi di elaborazione e messa in opera della politiche future”.
Così si esprimono i sindacati, le cui preoccupazioni hanno radici concrete. Sotto la pressione di alcuni Stati membri, i cosiddetti “contribuenti netti” del budget dell’Unione, i 27 leader potrebbero approvare, nel corso del summit di giovedì e venerdì, un quadro finanziario di spesa per il settennio a venire forse di molto inferiore (70 miliardi circa) rispetto alle iniziali proposte della Commissione. Ciò significa economizzare su alcune voci del budget europeo. E quello delle spese amministrative è considerato “un capitolo a parte” per la difesa del quale nessuno degli stati membri si è mai schierato e per questo più esposto al rischio di manovre di risparmio.
La funzione pubblica europea era stata profondamente riformata già nel maggio 2004. L’abbassamento generale dei salari all’entrata in servizio e un reclutamento massiccio di agenti a contratto al posto dei funzionari erano stati i cambiamenti più consistenti che hanno generato, fino ad oggi, un risparmio di 3 miliardi di euro. Ma non è bastato.
Adesso sembra che otto dei paesi membri abbiano chiesto alla Commissione di indicare al Consiglio europeo quale sarebbe, per ipotesi, l’impatto di un risparmio del 10, del 20 e del 30% sulle spese per il personale. Una proposta, questa, giudicata assolutamente “sabotatrice” da Massimo Mauro, Presidente di Renouveau & Democratie – una delle tre sigle sindacaliste che insieme a Fèderation de la Fonction Publique Européenne e a Union Syndacale sostiene l’agitazione. “Tagli di questa portata paralizzerebbero le istituzioni per mancanza di funzionari” fa sapere Mauro e aggiunge “Lo sciopero di oggi ha un solo significato: se i tagli andranno al di là del 10% le istituzioni europee non potranno più funzionare e non si tratterà di misure di risparmio ma di un atto di sabotaggio dell’attività istituzionale. Per quel che riguarda noi, siamo persino disposti ad accettare un taglio del 15% per un periodo limitato alla durata della crisi sugli stipendi dei gradi più alti. Una proposta, questa, che permetterebbe, approssimativamente, un risparmio di 300 milioni di euro. Personalmente, però, appoggio il pensiero di Mario Draghi: una politica di risparmi esclusivi non farà ripartire l’euro, ci vogliono anche gli investimenti e quelli nelle risorse umani sono basilari.”
E dopo la protesta di oggi degli impiegati del Consiglio europeo a Bruxelles – che hanno scelto di astenersi dal lavoro per tutta la giornata pur assicurando il corretto svolgimento di un numero minimo di riunioni tra cui la conferenza sul Mali – domani sarà il turno degli impiegati alla Commissione Ue che manifesteranno davanti al Berlaymont; lo stesso faranno i colleghi delle istituzioni in Lussemburgo.
Loredana Recchia