Nella coda delle reazioni suscitate dall’intervento di Berlusconi su Mussolini, Renato Brunetta rilancia affermando che tutti gli italiani la pensano come lui. Ma le sue parole sono ancora più raccapriccianti di quelle del Cavaliere: perché sono vere. Qualche giorno fa chiacchieravo con un amico tedesco che mi chiedeva come fossero percepiti i tedeschi in Italia. Raccontavo che la percezione cambia con l’età, che molti italiani sono ancora prigionieri del luogo comune del tedesco inguaribile nazista ma che le nuove generazioni sono più libere dai vecchi pregiudizi. Il mio amico scuoteva la testa, cinquantenne come me e figlio di un soldato della Wehrmacht, non è mai riuscito a togliersi di dosso il senso di colpa per i crimini commessi dalla generazione di suo padre e ancora oggi si cosparge il capo di cenere. Eppure la Germania ha dato la caccia fino all’ultimo rimasuglio di pensiero nazista nella società tedesca, sottoponendola a una rieducazione durata generazioni. Ma il mio amico tedesco si sente ancora colpevole: “Per voi è più facile, perché voi almeno Mussolini lo avete ammazzato e vi siete riscattati.” Non sapevo come spiegargli che invece noi non abbiamo mai fatto i conti con il nostro passato, che uccidendo Mussolini ci siamo assolti da ogni colpa senza prenderci nessuna responsabilità.
Ci siamo nascosti dietro la falsa immagine degli italiani buona gente, incapaci di fare il male e geneticamente votati all’innocenza. Abbiamo coltivato il mito dell’ingenuo Mussolini ingannato dal perfido Hitler dimenticando le atrocità del regime fascista, gli assassinii, le torture, l’oppressione, la persecuzione degli oppositori, le disastrose guerre coloniali con il loro triste repertorio di crimini contro l’umanità, stermini, deportazioni, pulizia etnica. Abbiamo dimenticato che abbiamo avuto anche noi i nostri lager: Rab, Fertilia, Gonars, Molat, Renicci, Chiesanuova, Manfredonia, Pisticci, Tortoreto, per citarne solo alcuni, dove abbiamo deportato fino a 33.000 sloveni, senza contare anche i croati e gli ebrei. Abbiamo anche noi rastrellato città, come ad esempio Lubiana, nell’inverno del 1942, quanto l’abbiamo recintata di filo spinato arrestando tutti gli uomini di età superiore ai 18 anni, abbiamo sterminato migliaia di civili con il gas in Libia, mutilato e torturato gente che difendeva la propria terra. Con criminale leggerezza oggi del fascismo coltiviamo una memoria falsa, immaginiamo un’Italia ordinata e felice, dove non c’erano conflitti, tutti lavoravano, si costruivano grandi palazzi, monumenti e stazioni ferroviarie, si facevano belle parate e la gioventù era tenuta occupata in sfilate e esercizi ginnici che tempravano corpo e mente.
Dimentichiamo l’arretratezza di cui soffriva il paese, l’ignoranza della stragrande maggioranza degli italiani, le condizioni di servaggio in cui vivevano tanti contadini, la povertà e la fame, lo sfruttamento degli operai, le ingiustizie sociali, la dilagante corruzione di stato. Oltre al disastro della guerra, alle migliaia di italiani mandati a morire senza adeguato equipaggiamento nell’assalto disperato e votato alla sconfitta di paesi liberi che non ci avevano fatto alcun torto, alle connivenze fra industria e regime fascista, alle nostre città bombardate, alla tragedia istriana, ai tanti italiani costretti ad abbandonare le loro terre, alla perdita di territorio nazionale, al disastro economico, ai debiti di guerra e alla conseguente sudditanza del nostro paese che per decenni è stato serbatoio di mano d’opera a basso prezzo per le grandi economie del nord Europa.
Dimentichiamo che l’Italia stracciona del Dopoguerra ha letteralmente barattato suoi cittadini come schiavi in cambio di carbone e ferro qui in Belgio. Abbiamo rimosso tutto, lasciando intatto nel nostro immaginario collettivo il seme che ha generato il fascismo. Così lo vediamo rigurgitare oggi nelle parole e negli atti di certi politici che hanno portato addirittura all’impunita costruzione di un mausoleo al criminale di guerra Rodolfo Graziani, lo vediamo nella mentalità xenofoba e razzista che getta un’ombra nera sulla nostra nazione, nel pregiudizio per gli immigrati, per gli omosessuali, per i diversi in generale, nella violenza che cova ovunque sotto la cenere. La violenza delle forze dell’ordine, mai ripulite dalle tante deviazioni golpiste, piduiste e stragiste, che ogni tanto esplode insofferente contro la società civile come nel mattatoio della caserma Bolzaneto a Genova. La violenza nelle carceri, l’oscura morte di Stefano Cucchi a Roma e l’assassinio di Federico Aldrovandi a Ferrara, con la sua disgustosa sequela di complicità e di accanimento contro le vittime anziché contro i carnefici. La violenza del calcio, altro potere occulto, che tollera anzi fomenta tifoserie di picchiatori, la violenza contro le donne: vecchio e odioso costume di una società barbara, sommo di inciviltà e bassezza. Tutto questo è fascismo, non ha un altro nome, ma noi non lo vogliamo vedere. Perfino nel giorno della memoria, quando dovremmo solo abbassare la testa e vergognarci.
Diego Marani