The Guardian lancia l’allarme: gli inglesi sono diventati troppo euroscettici e il progettato referendum del 2015 rischia davvero di portare il Regno Unito fuori dall’Unione europea se non si inverte subito la tendenza. The Guardian accusa soprattutto i conservatori e la stampa inglese di aver giocato col fuoco in tutti questi anni, addossando a Bruxelles la colpa di ogni male e sparando puntualmente a zero sulle istituzioni europee, sull’euro, su Schengen, insomma su ogni tentativo di rafforzamento dell’Unione. Ma in questo crollo della popolarità dell’UE nel Regno Unito il quotidiano dei laburisti inglesi non è innocente e ha contribuito ampiamente alla disinformazione dell’opinione pubblica britannica. In una panoramica della questione del bilancio comunitario pubblicata il 22 novembre scorso The Guardian si scagliava contro le presunte inefficienze delle istituzioni europee affermando falsità, come ad esempio quella che centinaia di funzionari europei guadagnano più di David Cameron. The Guardian non si limitava ad attaccare l’amministrazione dell’UE ma continuava denunciando i sempre solo presunti sprechi della Politica agricola comune. Dimenticava di dire con molta leggerezza che il Regno Unito ne beneficia grandemente. Basti pensare ai sussidi versati nel 2012 dalle casse comunitarie agli agricoltori inglesi colpiti dalle cattive condizioni climatiche dell’estate scorsa, soprattutto allevatori rovinati dagli alti prezzi dei foraggi troppo scarsi. Nell’articolo citato, The Guardian continuava la sua analisi facendo i conti in tasca agli inglesi e riportando statistiche di varie fonti per valutare se l’adesione all’UE conviene non solo al Regno Unito ma anche ad altri paesi membri. L’esame è rigoroso e il giornalista si sofferma in particolare sull’ “evidenza non conclusiva” che gli investimenti europei non creano necessariamente lavoro e crescita e che talvolta sono addirittura nocivi, sottolineando il caso di uno studio da cui pare emergere addirittura che malgrado gli ingenti fondi ricevuti da Bruxelles, la Spagna non ha registrato nessun rilevante aumento del suo PIL dal 1986, data dell’adesione, a oggi. Affermazione molto dubbia, di cui gli autori dello studio si prenderanno tutta la responsabilità.
Ma a prescindere dall’evidente malafede del Guardian, forse il problema degli inglesi è proprio tutto qui. Per i politici e i media d’Oltremanica tutto quel che riguarda l’UE si riduce a una questione di convenienza economica. Non c’è spinta ideale, desiderio di costruire un futuro comune, senso di appartenenza. Per gli inglesi l’Europa è un concetto geografico e l’Unione europea solo un’associazione di libero scambio. Questo è il risultato di decenni di diseducazione e disinformazione, di assoluta indifferenza, ignoranza e anche ostilità nei confronti della costruzione europea e dell’Europa in generale. A cominciare dal Guardian, nessuno ha mai detto agli inglesi che il loro futuro può essere solo in Europa, nessuno ha mai spiegato loro la profondità politica del progetto europeo e l’infinito buon senso che lo ha sempre caratterizzato. In questi giorni David Cameron preparerà le proposte britanniche di rinegoziazione del trattato di adesione del Regno Unito all’UE. I falchi del suo partito hanno già chiesto il rimpatrio della normativa sul lavoro, sull’immigrazione e in parte anche quella sui mercati finanziari, assieme al ritiro dalla Politica agricola comune. Ma proprio quegli ambienti finanziari che più sono stati ostili ad ogni avvicinamento all’Europa per timore di veder regolamentate le loro attività, oggi si accorgono che stanno segando l’albero su cui sono seduti e che rischiano di rimanere fuori da un gioco che stavolta si fa serio. Sono loro oggi a mettere in guardia il governo contro un allontanamento dall’Europa. The Guardian obbediente si allinea e unisce la sua voce a un coro stonato.
Diego Marani