In attesa della prossima uscita del suo libro “Breve storia del futuro degli Stati Uniti d’Europa”, Elido Fazi da oggi inizia a pubblicare i suoi editoriali su eunews.it.
Sembra che la Commissione Europea stia con discrezione cercando di far passare la linea che prima gli Stati si accollano le perdite delle loro banche e solo a questo punto interverrà il Fondo Salvastati, l’ESM, Liesseemme. Ma non si era detto a giugno del 2012 che l’Unione Bancaria sarebbe dovuta servire per tagliare il cordone ombelicale tra le banche di un Paese e gli Stati sovrani per evitare quello che è successo all’Irlanda, passata da un debito pubblico del 25% del PIL nel 2007 al 125%, dopo essersi accollata i debiti delle proprie banche, e successivamente costretta a un bailout da parte della Unione Europea a causa dei fallimenti e delle follie commesse, al di fuori del loro controllo, da finanzieri privati? Ma non erano stati i funzionari di Bruxelles a sottolineare come il legame tra banche decotte e Governi altrimenti sani era stata la dinamica più distruttiva della crisi finanziaria iniziata nel 2008 negli Stati Uniti?
Cosa ha fatto la Commissione? Come al solito avrà ceduto alle pressioni di qualcuno, probabilmente la Germania?
Bisogna però ormai ammettere che la Commissione, che dovrebbe avere il monopolio dell’iniziativa legislativa in Europa, un potere determinante, è quasi scomparsa dalla crisi, fronteggiata dal duo Merkel e BCE.
Come racconta il parlamentare europeo Daniel Cohn-Bendit, la Commissione è diventata “il bambino del Consiglio Europeo: è quest’ultimo che ne disegna il Presidente e i Commissari, anche se il Parlamento europeo dà il suo avallo. C’è stata una Commissione forte, quella presieduta da Jaques Delors (1985-1994) perché Francois Mitterand ed Helmut Kohl gli avevano delegato la realizzazione prima del mercato unico e poi della moneta unica. Delors aveva dunque la fiducia e l’appoggio della coppia franco-tedesca. Ma, dopo il trattato di Maastricht del 1992, alcuni Stati, soprattutto la Gran Bretagna, vaccinati dagli anni di Delors, nonostante questi si fosse fatto imbrogliare da Commissari superneoliberisi come Lord Brittan, che volevano una deregulation finanziaria che fosse da esempio anche agli americani, hanno preferito avere una Commissione debole: l’esecutivo europeo, a poco a poco, è diventato il segretariato del Consiglio. José Manuel Durao Barroso, l’attuale Presidente, è stato nominato su proposta di Londra, perché era l’incarnazione del nuovo ruolo conferito alla Commissione, quello di mediatore fra gli Stati. E, dopo la creazione della carica di Presidente del Consiglio europeo, nel 2010, anche quel ruolo gli viene contestato!”
Anche Monti ritiene, come gli inglesi che il ruolo della Commissione debba essere quello di mediare, non prendere iniziative. Nel suo libro, scritto insieme alla parlamentare europea Sylvie Goulard lo dice esplicitamente: “Fare in modo che tutti gli Stati, ‘grandi’ o ‘piccoli’, rispettino le stesse leggi e procedano in fronte comune, con lealtà: questa è la grandezza e l’umiltà del compito della Commissione”. Quello che Monti più teme è la chiarezza delle scelte politiche. “Le si rimprovera di non essere eletta da nessuno, ma se si facesse prendere in un qualche gioco delle parti, come potrebbe continuare a esercitare la sua funzione di arbitro? Come farebbe una Commissione “di sinistra” ad approvare la politica di un governo socialista senza essere accusata di favoritismo? O a rifiutare la proposta di budget di un Governo di “destra senza essere tacciata di parzialità? E viceversa”. Il nocciolo del pensiero di Monti, in forte contrasto con quello di Angela Merkel, è tutto qui. La Merkel è una donna politica. Vuole che il Presidente della Commissione venga eletto, e possa poi scegliere i propri Commissari. Monti è un tecnocrate che non vuole che la Politica faccia scelte precise.
La Commissione ha ormai perso qualunque capacità di iniziativa sua propria, se prima non riceve l’approvazione dei grandi Stati, soprattutto Germania e Francia. Sono ormai gli Stati, con il Consiglio Europeo, che detengono il potere di iniziativa. Nel breve chi propone alla Commissione di appoggiarsi al Parlamento Europeo per avere più autorevolezza, facendosi emendare le sue proposte così che esse abbiano più clout prima di essere portate al Consiglio Europeo dice una cosa giusta, che può però valere solo nel breve periodo, fino a quando non si arriverà alla elezione diretta del Presidente della Commissione da parte dei cittadini europei. Solo così il Presidente della Commissione potrà diventare un vero Presidente dell’Unione e scegliere politiche di Destra o Sinistra, sulla base di programmi presentati agli elettori, i liberi cittadini dell’Unione Europea. E, secondo noi, tutto questo andrebbe fatto in fretta e furia, già a partire dalle prossime elezioni europee. Non si può rimandare il tutto alle elezioni del 2019. Sarebbe troppo tardi. I cittadini si allontanerebbero ancora di più dalla politica europea ma anche da quella nazionale, non appena prenderanno coscienza che i poteri che sono stati affidati alla Commissione sul controllo dei bilanci nazionali con il Six-Pack, il Two-Pack e il Fiscal Compact che solo a pronunciarlo si capisce da dove il pensiero provenga limita in modo definitivo i poteri dei Parlamenti nazionali, senza che siano stati stabiliti dei contrappesi democratici. Qualcuno deve prendere l’iniziativa di presentare da subito al Parlamento europeo una risoluzione che chieda alla Commissione di presentare da subito una proposta di riforma in modo da avere dei capilista europei alle prossime elezioni. Dando ai cittadini europei la possibilità di scegliere sulla base di un programma preciso il prossimo Presidente della Commissione si riuscirà a innestare una dinamica democratica nella politica europea. Come si potrà affidare al prossimo Parlamento europeo la possibilità di imporre tasse federali europee se il Parlamento europeo resta la semplice somma o giustapposizione di diversi partiti nazionali? L’elezione diretta del Presidente della Commissione sarebbe il big bazooka che farebbe fare un salto di qualità senza eguali all’Europa. Diventerebbe una Europa dei cittadini e non più solo degli Stati, come è diventata negli ultimi anni. Certo, tutto sembrerebbe essere fatto alla rovescia rispetto a quello che hanno fatto gli Stati Uniti, cioè No representation without taxation, ma questo è inevitabile visto che noi prima abbiamo fatto l’Euro e ora dobbiamo costruirci per forza di cose uno Stato dietro.
Non siamo sicuri che, dopo le elezioni del 2014, come sostiene Monti, sia necessario che il Parlamento europeo si proclami necessariamente costituente, per redigere una Costituzione Europea. Il tentativo è stato già fatto ed è fallito miserabilmente. La nuova Costituzione dovrebbe essere approvata con referendum da tutti i Paesi. Si rischierebbe, in una situazione in cui l’Europa viene ancora vista come causa dei nostri mali da tante persone, piuttosto che del nostro bene, di perderci per strada un certo numero di Paesi. Meglio provare altre strade. Già l’elezione di un Presidente della Commissione che sceglie gli altri Commissari, non più nominati dai singoli Governi e che recupera il potere di iniziativa di cui dovrebbe godere è un passo più che sufficiente. Il prossimo Parlamento dovrà occuparsi di fare, insieme alla Commissione, proposte più radicali di quelle fatte nella road-map di dicembre, come ad esempio l’introduzione, al più presto degli Eurobond. La proposta degli Eurobill fatta dalla Commissione sembra troppo leggera e richiede tempi troppo lunghi.
Elido Fazi