Il bilancio ‘lacrime e sangue’ portoghese per uscire dalla crisi e rispettare il piano di salvataggio internazionale, finisce davanti alla Corte costituzionale. E a portarcelo è lo stesso Presidente della Repubblica che il 31 dicembre scorso lo aveva promulgato con la sua firma. Il Capo dello Stato, Aníbal Cavaco Silva (nella foto a sinistra), ha annunciato la sua mossa nel discorso di inizio anno: “Su mia iniziativa la Corte Costituzionale sarà chiamata a pronunciarsi sulla conformità del bilancio 2013 dello Stato con la costituzione della Repubblica”. Secondo il Presidente il budget non tratta i cittadini in modo equo, colpendo alcuni peggio di altri. Per questo Cavaco Silva, nell’affermare che bisogna fermare il “circolo vizioso” dell’austerità che “sta portando ad un calo della produzione e delle entrate fiscali” ha detto chiaramente che la soluzione alla crisi deve essere nell’interesse dei creditori stranieri ma anche in quella del “popolo portoghese”.
Cavaco Silva, che è stato due volte primo ministro, è il primo Presidente di centro-destra del Portogallo dopo la Rivoluzione dei garofani 1974. È un politico del Partito Social Democratico che, a dispetto del nome, è membro del Partito popolare europeo. E come lui membro del Psd è anche il Primo ministro, Pedro Passos Coelho (nella foto sotto), un Primo ministro ormai “profondamente isolato” nelle sue politiche pro-austerità, secondo il Partito Socialista, principale gruppo di opposizione del Paese.
Il Capo dello Stato ieri ha chiarito meglio i termini del suo dissenso dal Governo spiegando quali sono i punti più critici del provvedimento economico progettato dall’esecutivo. Cavaco Silva ha detto di voler sapere in particolare se la costituzione permette di passi controversi come i forti tagli salariali per i lavoratori pubblici e i pensionati nonché la correttezza di una soprattassa straordinaria sulle pensioni superiori ai 1.350 euro al mese. I giudici portoghesi hanno già dichiarato incostituzionali diverse misure contenute nel bilancio 2012. Nel luglio scorso la Corte costituzionale ha stabilito che il piano di tagliare tredicesime e quattordicesime ai dipendenti pubblici dal 2012 al 2014 era contraria alla Carta del Paese.
Per la maggior parte dei lavoratori portoghesi gli aumenti fiscali progettati per quest’anno sono equivalenti a più di un mese di stipendio. Le imposta sul reddito sono aumentate di colpo dal 24,5% al 28,5%. Il bilancio per il 2013 include 4,3 miliardi di euro di aumenti delle imposte su reddito, plusvalenze e beni, e 1 miliardo di tagli alla spesa, che si aggiungono a quelli già messi in campo l’anno scorso. Il Primo ministro Passos Coelho sta poi svendendo i beni dello Stato, privatizzando le reti aeroportuali e i servizi energetici.
Un budget di austerità così severo i portoghesi non lo avevano mai visto, e tutto per fare fronte agli impegni del piano di salvataggio da 78 miliardi, firmato con l’Europa e il Fondo monetario internazionale, che Lisbona era stata costretta ad accettare nel maggio 2011 dopo che i suoi titoli di Stato erano stati declassati al livello C, ovvero junk, i cosiddetti “titoli spazzatura”, e trovandosi di conseguenza nell’impossibilità di finanziare da sola il proprio debito.
E nonostante il direttore del Fmi, Christine Lagarde, ha dichiarato la settimana scorsa alla stampa tedesca settimanale che il Portogallo è uno di quelle nazioni che “possono permettersi di andare un po’ più lentamente nella spinta per raddrizzare le loro finanze pubbliche”, la situazione non sembra affatto in miglioramento. Il Paese sta entrando nel suo terzo anno di recessione, con un tasso di disoccupazione di quasi il 16%, con quella giovanile addirittura al 40% e con il debito estero due volte più alto di produzione annua nazionale.