Ascoltando le sirene europee Mario Monti rischia di bruciare il suo futuro politico. Il presidente del Consiglio pare deciso a scendere in campo, con una lista sua, con una federazione di liste, non è ancora chiaro bene come, sulla scia di quanto fatto da altri prestigiosi tecnici prima di lui, come Lamberto Dini. Questi, qualcuno forse lo ricorda ancora, innamoratosi, come Monti, di Palazzo Chigi, fondò una sua lista, raccolse un pugno di voti, perse il ruolo di tecnico, divenne un uomo di (piccola) parte, non fu mai più premier, men che mai presidente della Repubblica, navigò ancora come ministro e poi scomparve tra i tanti deputati.
Monti ha una statura diversa da Dini, è vero, ma non ha esperienza politica, e i partner che si sta scegliendo non sono sulla cresta dell’onda, sono anzi gente che lotta per sopravvivere, che può sperare di restare un po’ più a galla proprio succhiando energie al professore. Casini naviga da anni attorno ad un 6% senza frutti, Fini non si sa se abbia una consistenza elettorale, Frattini e Pisanu di sicuro non ce l’hanno, Montezemolo, imprenditore sulla cresta dell’onda sin dalla prima Repubblica, qualcuno si ricorda chi è, ma è un signore che fabbrica macchine da corsa e fa andare i treni, da qui ad essere uno che raccoglie voti ce ne passa. Ma tutto questo Angela Merkel, Jose Manuel Barroso, Mariano Rajoy non lo sanno. “Per i leader europei Monti è il miglior premier che l’Italia possa avere. E dunque gli dicono ‘vai, candidati’, ma non si pongono il problema di quale sia lo scenario politico, non si domandano quali siano le condizioni”, spiega un diplomatico a Bruxelles. “Loro – continua il diplomatico europeo -, la Merkel, lo lusingano, gli dicono che è bravo, lo ascoltano anche davvero, ma non hanno idea di cosa sia l’Italia politica non sanno quali sono le forze in campo, non sanno se Monti può bruciarsi o meno, gli dicono “vai”, e poi ritengono debba essere lui a pensare come fare, non sano niente di sondaggi, di Udc, Montezemolo, Frattini…”.
Perché l’incontro a sorpresa con il Ppe ha fatto piacere a Monti, lo ha galvanizzato, gli ha fatto credere di essere quello che non è: un leader politico. Si brucerà il premier se scenderà in politica, potrebbe vivacchiare qualche anno, ma andrebbe lentamente sparendo, perché diventerà un uomo di parte, di una piccola parte, che rischia di avere scarso peso in Parlamento. Probabilmente fermerà per sempre Silvio Berlusconi, rosicchiando a destra quel tanto che basta a impedire una volta per tutte all’ex premier di tornare da protagonista, ma brucerà i ponti con il centro sinistra, che, stando ai sondaggi, dovrebbe vincere le elezioni e dunque non andrà certo a cercare un ministro o un candidato alla presidenza della Repubblica tra i leader dell’opposizione. Se invece Monti farà chiarezza e resterà qual che si era impegnato ad essere, un tecnico super partes, una risorsa della Repubblica, allora tutte le strade che vorrà gli resteranno aperte. Altrimenti torniamo all’italietta, e non ce lo meritiamo.
Lorenzo Robustelli