I leader popolari europei hanno due certezze sull’Italia: la prima è che non è bene che Silvio Berlusconi si candidi alle elezioni, la seconda è che bisogna continuare le politiche di Mario Monti.
Che poi il professore sia il candidato ideale per far vincere il centrodestra è un’altra partita, ma certo se potesse restare al o nel governo sarebbe un bene per tutti, il sostegno e l’invito a rifletterci bene c’è: “Se Monti scomparisse dalla vita politica sarebbe una perdita”, dice Wilfred Martens, presidente del Ppe. L’obiettivo è che l’Italia non sia un pericolo per la stabilità dell’Europa, poi in fondo ai leader interessa meno se a guidarla è un uomo di centrodestra o di centrosinistra, ma Monti lo conoscono già.
Ieri pomeriggio a Bruxelles è andato in scena quello che è parso un vero e proprio “processo” al leader del Pdl, con tanto di effetti a sorpresa da commedia classica con un deus ex machina che appare all’improvviso, ma non risolve tutto. Come tradizione prima del vertice dei capi di Stato e di governo dell’Ue si è riunito il summit del Partito popolare europeo, del quale il Pdl fa parte e dunque Silvio Berlusconi si è presentato all’Accademia reale delle Scienze del Belgio, dove, quasi sempre, al primo piano si svolgono questi incontri. Un chiarimento era necessario, dopo che per giorni tutti i leader del Ppe, da Jose Manuel Barroso, presidente della Commissione, a Herman van Rompuy, ad Angela Merkel, hanno lanciato un pressing contro l’ex premier per chiarirgli che non avrebbero gradito una sua candidatura alle prossime elezioni e che nemmeno gli è piaciuto lo stop imposto all’azione di governo di Mario Monti. La mossa a sorpresa il belga Wilfred Martens, presidente del Ppe, dice di averla pensata da solo “secondo me un chiarimento era necessario, ma ho invitato Monti in segreto perché temevo che se uno dei due ospiti (Berlusconi, ndr) avesse saputo che c’era l’altro (Monti, ndr) non sarebbe più venuto”. E forse aveva ragione, perché Monti è stato usato, come lui stesso ha raccontato, come testimone d’accusa contro Berlusconi. Al professore è stato chiesto di raccontare cosa è successo in Italia in quest’ultima settimana, e lui, senza mentire, ha raccontato tutto, dalla nascita del suo governo, al lavoro svolto fino alla “presa d’atto del venir meno del sostegno del Pdl, annunciato dal segretario Alfano”. Una scelta fatta dopo le parole del segretario del partito di Berlusconi, quindi la caduta di Monti è effetto diretto di una scelta del Pdl e dunque del cavaliere. Questo il professore ha detto, e questo ha messo all’angolo il suo predecessore, il quale non ha potuto far altro che invitarlo a candidarsi al suo posto. “Ho spiegato – ha detto il presidente del Pdl – di avere offerto a Monti di essere lui il candidato di tutti i moderati, come gli chiedono i centristi, da Casini a Montezemolo, e che in questo modo si può vincere. Certo – ha aggiunto – avremo qualche difficoltà con la Lega, ma penso che possano arrivare a ragionare. In politica si può tutto”. Ma Monti, spiega lo stesso Berlusconi, “non ha risposto”. Forse non tutto si può in politica.
“I leader europei temono che Berlusconi possa vincere davvero, ed è la cosa che li spaventa di più, ma neanche vogliono che sia candidato, perché questo vorrebbe dire due mesi di turbolenze ingovernabili, che rischiano di avere effetti devastanti sul mercati”, spiega un diplomatico a Bruxelles. Certo, per i leader popolari se Monti vincesse sarebbe la soluzione ideale, “ma per loro, visto che Berlusconi ha detto che se il professore si candida lui si tira indietro, la scelta di correre del professore diventa decisiva, anche se non dovesse vincere”, spiega il diplomatico. Oltre che il risultato finale quel che interessa in Europa è dunque come ci si arriva. Berlusconi ha sbandierato una “paura” dei popolari nei confronti di una vittoria di Pierluigi Bersani. In realtà qual che temono, spiegano gli osservatori a Bruxelles, “non è tanto Bersani, del quale è riconosciuta la volontà riformatrice e si è visto il leale sostegno dato a Monti, ma la coesione della coalizione che lo sostiene, viste le esperienze di Romano Prodi”. E’ proprio sulle coalizioni che puntano in Europa, nella speranza che Monti, in un modo o nell’altro possa restare al governo. “E’ chiaro – spiega sempre Martens – che la conclusione dell’azione avviata da Monti per noi è essenziale”, e se il premier succedesse a se stesso sarebbe la cosa migliore: “Il risultato di questa riunione di chiarimento è un appoggio marcato all’azione politica di Monti da parte del Ppe, non solo per ciò che ha fatto in Italia, ma al di là dell’Italia, per quel che ha fatto per conseguire la relativa stabilità di cui gode oggi l’euro”. “C’è un buon feeling”, ha spiegato Elmar Brok, presidente della Commissione Esteri del Parlamento europeo, uomo della Cdu, il partito di Angela Merkel, aggiungendo che “è chiaro che al Ppe questo piacerebbe”.
Lorenzo Robustelli (da Il Secolo XIX di oggi)