Il nuovo esecutivo nascerà durante la presidenza italiana, le forze politiche presenteranno
un candidato agli elettori. Il centrosinistra sosterrà Schulz, il centrodestra ancora non ha scelto
Tutti per uno. I partiti europei tentano di coprire il gap democratico che i governi non vogliono affrontare, e il primo passo è l‘elezione “diretta” del presidente della Commissione europea: i partiti se la fanno da soli, toccherà poi a premier e capi di Stato smentirla. I governi, cui spetta in base ai Trattati questa scelta, se la vogliono tenere, ed allora le forze politiche forzano la mano verso un’Europa più democratica e presentano i loro candidati, condivisi (per schieramenti) da tutti e in tutta Europa. E’ la nascita della politica europea.
L’idea è maturata all’inizio tra i socialisti, che per fare un favore al Pd che ha dentro la Margherita ora nel Parlamento europeo si chiamano “progressisti e democratici”, ma sempre al 90 per cento socialisti sono. Loro sono la seconda forza presente nel Parlamento e, dopo la magrissima figura del 2009 quando non riuscirono ad esprimere neanche un’idea di candidato preferito, perché sapevano che avrebbero perso e dunque subirono e poi resero possibile la conferma del popolare Josè Manuel Barroso (anche se, a dire il vero erano pure sotto ricatto: i popolari minacciavano di non rinnovare il patto di spartizione della presidenza del Parlamento per metà legislatura a testa). Questa volta invece, spiega Gianni Pittella, Pd, primo vicepresidente dell’Eurocamera (cioè il più votato) “c’è una proposta che inizia a circolare e sta facendo grossi passi avanti”, trascinandosi dietro anche le altre forze politiche. I deputati europei premono perché si marci verso l’Unione politica, ma ci sono resistenze forti nei governi, ed allora “cominciamo a fare quello che si può fare – dice Pittella – lanciamo la candidatura alla presidenza della Commissione da parte dei principali partiti politici europei”. Il candidato naturale dei progressisti è lì, appena un gradino sopra a Pittella, “i socialisti sono per candidare il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz (nella foto qui a sinistra), perché è la personalità più autorevole e riconosciuta sul piano europeo, ha mostrato grandi capacità alla guida del Parlamento. E’ un uomo forte, ma aperto al dialogo”.
Se questo passo lo fanno nel centrosinistra certo il centrodestra, cioè i popolari, non possono restare indietro, e anche loro lavorano ad un collegamento dei un candidato con le loro liste, come conferma Mario Mauro, presidente della delegazione del Pdl, che però sottolinea che “ancora non ci sono nomi”. Timidamente in realtà qualche nome, altri, nei corridoi lo avanzano, ma ancora “in segreto”, perché lì i galli a cantare sono tanti. C’è un commissario europeo in carica, il francese Michel Barnier, scelto da Nicolas Sarkozy per gestire il Mercato unico, poi c’è un premier in carica, il polacco Donald Tusk (nella foto a destra), ma c’è anche Herman van Rompuy, che fra due anni scadrà dall’attuale mandato ed pronto a passare da un lato all’altro di rue de la Loi, il viale di Bruxelles dove sul lato a Nord c’è la Commissione e su quello Sud il suo ufficio di presidente del Consiglio europeo.
L’idea si va definendo, i più arditi pensano proprio ad inserire un nome nel simbolo di tutti i partiti europei che nella primavera 2014 si contenderanno i seggi a Strasburgo, i più realisti a dichiarare una candidatura comune. “Finalmente si farà una campagna elettorale europea, su un programma politico europeo vero, e non su questioni nazionali o locali. Sarebbe, finalmente, una vera politicizzazione dell’Unione”, si augura Pittella. Non avrà, questo atto, alcun valore legale, non sarà nulla più che un vincolo politico per i governi che dovranno poi scegliere, nell’autunno di quell’anno il nuovo presidente della Commissione. Ma sarebbe un bel grattacapo per l’Italia, (per Pierluigi Bersani? Per Mario Monti?) che avrà in quel fatidico secondo semestre 2014 la presidenza di turno dell’Unione, tentare di imporre un candidato diverso da quello della coalizione vincente in Parlamento. Sì perché quella che si profila è una possibile coalizione pre-elettorale, una cosa mai vista a livello europeo.
Spiega Monica Frassoni, co-presidente del Partito dei verdi europei, che “anche noi sceglieremo al più presto il nostro candidato, certamente entro il 2013, ma puntiamo anche a trovare una convergenza con altri partiti progressisti”. Insomma si cerca un’alleanza: “Vogliamo selezionare un candidato verde – spiega Frassoni – ma se poi troviamo un dialogo su un candidato unico possiamo anche ritirare il nostro. Certo, se invece l’intesa si trovasse sul nome di un verde saremmo ancora più contenti, ovviamente”. I verdi vogliono “un processo che inizi davvero”, perché, realisticamente, sanno loro, sa la sinistra estrema e sanno anche i progressisti che nessuna forza, da sola, è in grado di far vincere un candidato e di sostenere poi, eventualmente, lo scontro con i governi.
Lorenzo Robustelli