Intervista alla presidente della commissione parlamentare per lo Sviluppo regionale
“Semplificheremo le regole, i fondi strutturali volano per la crescita. Buono il lavoro di Barca”
“Ulteriori tagli pregiudicherebbero l’intera architettura della politica di coesione”. Danuta Hübner (Ppe), presidente della commissione per lo Sviluppo regionale, è preoccupata per la possibilità che la prossima proposta del Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy, per il bilancio a lungo termine 2014-2020, possa contenere meno soldi per i fondi strutturali. Lei è uno dei negoziatori per il prossimo quadro finanziario pluriennale. “Stiamo cercando comunque di semplificare le norme e ridurre la burocrazia”, spiega.
Quando conoscerete la prossima proposta?
“Siamo in attesa che il Consiglio decida, il prossimo summit ci sarà nel mese di gennaio o forse anche più tardi. E questo non è un bene, perché la politica di coesione è una politica in cui è necessario tempo per preparare programmi e progetti, quindi prima si ha una decisione sul bilancio, meglio è”.
Nell’ultimo vertice il Consiglio ha detto che gli Stati erano disposto a dare più soldi ai fondi di coesione
“Ora, ma in passato abbiamo già avuto diversi tagli. La prima proposta della Commissione è giunta nel giugno 2011 e la Commissione fece una proposta già inferiore al livello attuale (347 miliardi, ndr). Poi la Commissione nel luglio scorso ha presentato una seconda proposta con alcuni aggiustamenti che tagliavano di nuovo. E il Consiglio a sua volta ha tagliato nella sua prima proposta. Così, nel l’ultimo vertice hanno parlato di 10 miliardi di più, ma il totale era 320 miliardi di euro, quindi comunque meno rispetto alla proposta originaria della Commissione e del periodo in corso. Se facessero ancora tagli ciò significherebbe minare l’architettura stessa della politica di coesione”.
Che potete fare adesso?
“Ora possiamo solo aspettare di conoscere la prossima proposta. Questo perché ci sono 2 tipi di negoziati: uno è per i soldi, in cui spetta al Consiglio di proporre il bilancio per il periodo 2014-2020, e il ruolo del Parlamento è solo quello di accettarlo o rifiutarlo. Così nel frattempo stiamo lavorando sulla seconda tranche dei negoziati, quella sul “quadro giuridico”, qui le due istituzioni sono sullo stesso piano. Stiamo discutendo di una nuova serie di norme per ogni politica e di una nuova architettura complessiva”.
Uno dei cambiamenti principali sarà l’introduzione delle regioni di Transizione (con Pil pro capite compreso tra il 75% e il 90% della media Ue). Perché questo cambiamento?
“La nuova categoria servirà a risolvere un problema legato alla crescita. In passato abbiamo avuto la Convergenza (regioni il cui Pil pro capite è inferiore al 75% della media Ue) e la Competitività (regioni il cui Pil pro capite è superiore al 75% della media Ue). Alcuni Regione che appartengono alla Convergenza e sono cresciute non possono saltare immediatamente nella prima categoria, dove il contributo pro capite dei fondi è 10 volte inferiore. Questo creerebbe una situazione drammatica. Con questo nuovo sistema attuiamo una dissolvenza, per ridurre gradualmente l’intensità degli aiuti a queste regioni”.
Il problema con i fondi di coesione è che alcune regioni non sono in grado di fare progetti e rischiano di perdere i soldi.
“Al momento non abbiamo ancora un utilizzo completo o un alto livello di assorbimento, ma questo non vuol dire che entro la fine di questo periodo (ci sono ancora 3 anni per utilizzare questi fondi) l’utilizzo non sarà superiore. Solitamente c’è un uso estremamente elevato dei fondi strutturali, la media è del 95%. Il problema è che inizialmente le regioni sono molto lente. A volte ci vogliono anni per preparare un progetto”.
Ma l’Italia ha usato appena il 26% dei suoi fondi in 6 anni.
“Se qualcuno non sta usando i soldi che sono disponibili non è corretto, perché abbiamo forte bisogno di crescita. Non vi è alcuna giustificazione per questo, perché gli investimenti sono necessari ora. Ma ripeto, sono sicura che alla fine del periodo la media sarà più alta”.
Il ministro Barca ha attivato un sito per la massima trasparenza nell’utilizzo dei fondi e ha spostato 9 miliardi di euro che rischiavano di essere persi su nuovi progetti.
“Il mio amico Barca è venuto anche al parlamento a esporre il suo piano. Lavoriamo in stretto contatto e lo supportiamo con forza”.
Alcune regioni dicono che il problema è che c’è troppa burocrazia
“Dobbiamo ricordare che si tratta di denaro pubblico, per cui ci saranno sempre procedure e controlli, per essere sicuri che tutto sia fatto nel modo giusto. Non saranno mai soldi facili. Ma è vero che vi è un enorme potenziale di semplificazione di questo sistema. Alla burocrazia europea di solito si deve aggiungere ulteriore burocrazia a livello nazionale. Quindi la semplificazione dovrebbe essere un obbiettivo per tutti, sia a livello europeo che nazionale. Spesso pensiamo a come semplificare le cose per le autorità di gestione, ma non per i beneficiari finali. La vera sfida è quella di rendere le cose più semplici per i beneficiari finali.”
Quanto è importante la politica di coesione per la crescita e il lavoro in Europa?
“Penso che sia il più importante investimento a livello europeo. Questo perché è un investimento in innovazione, competitività, infrastrutture, energia. E tutto questo significa crescita e occupazione”.
I fondo di coesione combinano fondi nazionali ed europei, state pensando di ridurre la quota nazionale per i paesi in difficoltà, come avete fatto per la Grecia?
“Quando la crisi è diventata più forte è diventato chiaro che il cofinanziamento sarebbe potuto diventare un problema a causa dei tagli ai budget nazionali, quindi abbiamo emendato le regole e immaginato un apposito provvedimento di cui sono stata relatrice. Abbiamo autorizzato, per un periodo limitato, ad aumentare del 10% il punto massimo di cofinanziamento proveniente dal bilancio europeo, e così la Grecia è passata dall’85 al 95% di soldi europei. Ma questa politica non sarà mai in grado di finanziare progetti al 100% con soldi del bilancio europeo, in quanto si basa su ciò che chiamiamo ‘principio di addizionalità’, è un modo per completare gli investimenti nazionali. Il limite per il prossimo periodo tornerà quindi all’85%. Anche se non escludo che si possano avere di nuovo le misure speciali”.
Alfonso Bianchi
Per saperne di più:
– Fondi Ue per l’Italia: di 29 miliardi ne abbiamo usati solo 7