Presentato il rapporto annuale di Nessuno tocchi Caino al Parlamento, la curatrice Zamparutti:
“In Iraq raddoppiate le esecuzioni. Puniti anche crimini non fatali come il furto di elettricità”
Nonostante la moratoria approvata dall’assemblea generale dell’Onu nel dicembre 2007, la pena di morte è ancora molto diffusa a livello mondiale. Nel 2011 le esecuzioni sono state circa 5mila in 19 Paesi. A guidare questa “classifica della disumanità”, come l’ha definita Elisabetta Zamparutti, deputata radicale alla Camera dei Deputati, è la Cina con circa 4mila uccisioni, un numero spaventoso che è stato ricavato dai rapporti di diverse associazioni, visto che Pechino tiene il più assoluto segreto su questo argomento. Dopo la Cina il maggior numero di esecuzioni nel 2011 è avvenuto in Iran (672), in Arabia Saudita (82), in Iraq (68) e negli Stati Uniti (43).
Per tenere acceso il riflettore su questo argomento, e per chiedere con forza lo stop alle uccisioni, Zamparutti ha presentato ieri al Parlamento europeo il rapporto 2012 sulla pena di morte dell’associazione radicale “Nessuno tocchi Caino”, insieme al conservatore scozzese Struan Stevenson, presidente della delegazione del Parlamento europeo per i rapporti tra Ue ed Iraq. E proprio l’Iraq è stato al centro del dibattito perché a Baghdad il numero delle esecuzioni sta crescendo in maniera preoccupante, con 1300 persone nel braccio della morte e almeno 132 impiccagioni dall’inizio del 2012 ad oggi, il doppio rispetto allo scorso anno. La maggior parte di queste sono dovute alle leggi anti terrorismo del 2005, leggi che sanciscono che la pena capitale deve essere inflitta a chi commette atti terroristici ma anche a chi “istiga, prepara, finanzia o favorisce le condizioni per commettere questo tipo di atti”.
“Ma il numero di crimini punibili con la morte è molto più alto – spiega Zamparutti – Sono ben 48 e comprendono anche atti non fatali come i rapimenti, la violenza sessuale, il traffico di droga e addirittura, dal 2010, il furto di elettricità”. Un rappresentanti dell’Ambasciata irachena, presente al dibattito, ha voluto giustificare questi incremento delle esecuzioni affermando: “In Iraq noi dobbiamo fare fronte alla minaccia terroristica. Noi non viviamo ancora, purtroppo, in un paese pacifico come il vostro. Non bisogna dimenticare poi che la pena di morte è una conseguenza della shari’a (l’Iraq adesso è una Repubblica islamica, ndr), per abolirla ci vuole un lavoro culturale lungo e difficile”. Una risposta che ha mandato su tutte le furie Stevenson, che ha ribattuto: “Due mesi fa avete condannato a morte il vostro ex vicepresidente, Tariq al-Hashemi, in base alle accuse delle sue guardie del corpo. Una di loro è stata uccisa, e il suo corpo è trovato sfigurato dalle torture. Questo è antiterrorismo o shari’a secondo voi?”.
Organizzazioni come Human Right Watch hanno denunciato la presenza di basi militari a Baghdad in cui i detenuti vengono sottoposti a torture per estorcere confessioni. “Vengono picchiati, appesi a testa in giù per ore, sottoposti all’elettro shock in varie parti del corpo, compresi i genitali. Alcuni sono stati uccisi mettendogli a testa dentro buste di plastica” ha raccontato Zamparutti che ha aggiunto “capiamo la vostra necessità di combattere il terrorismo, ma non è questo il modo giusto di farlo”.
Alfonso Bianchi