L’eurodeputata Sartori (Ppe): “È in gioco il futuro dell’Europa e della ripresa economica”
Il Consiglio vuole tagliare 5 miliardi, lo scienziato Hunt: “Così gli studiosi andranno via”
Il Parlamento europeo si mobilita per sostenere l’iniziativa dei 44 premi Nobel e dei 6 medaglie Fields (i ‘Nobel’ della matematica), che chiedono all’Europa di non tagliare la ricerca nel prossimo quadro finanziario pluriennale. Una loro delegazione ha incontrato ieri i Presidenti di Parlamento, Commissione e Consiglio europeo a cui ha consegnato personalmente la lettera che gli scienziati hanno scritto tre settimane fa e da cui è nata una petizione che in questo arco di tempo ha già raccolto oltre 130mila adesioni. Tra queste ieri anche quella di Amalia Sartori (Ppe), presidente della commissione parlamentare Industria ed energia, che ha voluto dare il suo appoggio all’iniziativa. “Chiediamo che Orizzonte 2020 (il programma per favorire gli investimenti nella ricerca e nell’innovazione, ndr) e gli altri programmi al suo interno abbiano 100 miliardi per il periodo 2014-2020, rispetto agli 80 proposti dalla Commissione europea” ha spiegato Sartori per cui “è in gioco il futuro dell’Europa e la stessa possibilità di ripresa anche economica del continente”.
Per il capitolo Competitività la Commissione ha infatti proposto di stanziare 155,52 miliardi, di questi 80 per Orizzonte 2020, nel periodo 2014-2020. Ma gli Stati ‘falchi del rigore’ hanno imposto tagli a tutti le voci, dai fondi Coesione alla Pac (Politica agricola comune). La voce più penalizzata in percentuale sarebbe però proprio la ricerca che, secondo la bozza del Consiglio, dovrebbe ricevere solo 75 miliardi. Ma come ha spiegato il presidente del Consiglio Europeo della Ricerca, Helga Nowotny “ogni miliardo tagliato significa 600 progetti di ricerca in meno”. Il rischio è che i ricercatori europei siano costretti a lasciare il continente per andare in paesi in cui riceveranno i fondi per i loro studi, portando via con sé tutto il loro bagaglio di competenze.
“Noi invece dobbiamo credere nei giovani – ha commentato Tim Hunt, premio Nobel per la medicina nel 2001 – Io ho lavorato in America da giovane ma quando ho potuto sono tornato in Europa. Dobbiamo fare tornare anche gli altri studiosi”. Ma questo non sarà possibile senza investimenti perché per Hunt “quando c’è incertezza nei finanziamenti gli scienziati si dirigono dove c’è sicurezza. E quando li abbiamo persi, è per sempre”. Alle sue preoccupazioni ha fatto eco Jules Hoffmann, premio Nobel per la medicina nel 2011: “Prima c’era la tendenza ad andare negli States, ma oggi invece sono in tanti a tornare nel Vecchio Continente che sta diventando un catalizzatore di cervelli. Ora più che mai abbiamo bisogno dell’appoggio dei cittadini e dell’Unione europea”. Per questo di fronte alla prospettiva di una riduzione del budget per la ricerca il Nobel afferma che “bisogna resistere”. Insomma gli scienziati ci ricordano che è il momento di pigiare sull’acceleratore, perché fare il contrario, come ha spiegato Helga Nowotny, sarebbe come “se un pilota diminuisse il carburante al momento del decollo”.
Alfonso Bianchi
Per saperne di più:
– Commissione Ue: La ricerca è una risorsa, investirci e non tagliare