È il secondo procedimento della Commissione contro Pechino in pochi mesi
La Eu Pro Sun accusa: “Non riusciamo a reggere questa concorrenza sleale”
La Commissione europea ha avviato un’inchiesta sulle importazioni di pannelli solari cinesi. L’accusa contro il governo di Pechino è di violare le norme sulla concorrenza utilizzando aiuti di Stato illegali. Si tratta della più grande inchiesta in termini di investimento mai messa in piedi dalla Commissione europea, il volume delle importazioni dalla Cina di materiali fotovoltaici nel 2011 è stato di circa 21 miliardi di euro. È la seconda procedura aperta in pochi mesi, all’inizio di settembre palazzo Berlaymont ne ha aperta un’altra perché i pannelli cinesi vengono venduti in Europa a prezzi molto inferiori a quelli di mercato, falsando così la concorrenza con le imprese dell’Ue. L’indagine richiederà 13 mesi in totale. Secondo le regole commerciali europee di difesa è possibile imporre dazi “compensativi” provvisori qualora vengano trovati elementi di prova sufficienti a supportare le accuse.
Entrambe le volte il procedimento è stato avviato dopo una segnalazione della Eu Pro Sun, consorzio delle aziende europee del settore fotovoltaico. Il suo presidente, Milan Nitzschke, sostiene che “è significativo che questa buona notizia per la sopravvivenza dell’industria solare europea arrivi da Bruxelles un giorno dopo che l’amministrazione Obama ha inviato un chiaro segnale: gli Stati Uniti non tollereranno più la concorrenza solare sleale proveniente dalla Cina”.
Ieri la US International Trade Commission (ITC), un’agenzia federale statunitense indipendente che fornisce consulenze sulle pratiche commerciali sleali, ha concluso che le importazioni cinesi di celle solari in silicio cristallino e pannelli hanno danneggiato i produttori americani. Questo porterà all’attivazione delle imposte anti-sovvenzioni e anti-dumping sulle importazioni cinesi.
Secondo l’accusa della Eu Pro Sun le banche statali cinesi avrebbero pompato denaro a buon mercato nelle imprese in fallimento, aiutandole in questo modo a invadere il mercato europeo con prodotti solari. La China Development Bank, ad esempio, avrebbe dato 33 miliardi di euro in credito a basso costo a 12 imprese solari cinesi dal 2010 e città come Wuxi avrebbero appoggiato i produttori locali di energia solare in perdita con miliardi di euro per sostenere le loro esportazioni in Europa. “La nostra industria solare è tecnologicamente avanzata ed in grado di competere con qualsiasi società di libero mercato nel mondo – ha spiegato Nitzschke – ma non con quelle della Repubblica Popolare Cinese”.
Alfonso Bianchi