Un funzionario della Commissione europea ha letto il nostro articolo sullo sciopero proclamato da alcuni sindacati delle istituzioni comunitarie. Ci offre qui la sua visione della questione, e a nostro giudizio questo contributo aiuta i cittadini europei a capire come stanno le cose.
Ho letto su eunews.it il pezzo sullo sciopero qui da noi e condivido tutto: non ha senso e non ci vuole, è giusto che dobbiamo anche noi fare la nostra parte di sacrifici. Del resto pochi faranno questo sciopero alla Commissione. Ma la questione è un po’ più articolata di come viene presentata. Per la stragrande maggioranza di noi il problema non è accettare una riduzione della pensione, un aumento dell’età pensionabile e dei contributi alla pensione. Sono cose cui siamo già rassegnati, anche da prima di questa riforma. La Commissione stava già andandoci per conto suo, prima che il Consiglio si muovesse.
Il problema vero è il blocco delle assunzioni, che ci impedisce di lavorare, che ci toglie importanza politica e che da un punto di vista professionale ci blocca la carriera. E’ questo che è inaccettabile. Soprattutto per i giovani funzionari arrivati dopo il 2004, con un contratto ormai non più competitivo nei confronti di altre organizzazioni internazionali o anche società multinazionali, ma che sono venuti qui per il prestigio e per il sogno di lavorare per l’UE. Ora si vedono bloccata la loro carriera, le possibilità di andare avanti nel loro mestiere (non arrivando nuove leve si resta bloccati al proprio livello, n.d.r.). I più giovani potranno ancora andarsene, ma gli altri, dopo quasi 10 anni, che opportunità hanno? E noi “vecchi” staremo qui a occuparci di noccioline, perché di soldi per fare politica non ce ne saranno più. Saremo una Commissione per gli affari correnti, agenzia esecutrice dei governi. E’ questo che ci brucia, perché in termini concreti ci tarpa le ali e castra definitivamente la funzione pubblica europea, che ricordo sarebbe quella che secondo Barroso deve fare più Europa, fino ad arrivare alla “federazione di Stati sovrani”.
Un altro paio di cose: secondo il vecchio sistema del metodo di adeguamento dei nostri salari e di rinnovo del contratto, noi oggi avremmo diritto a degli arretrati per gli anni passati, per un complesso sistema di calcoli di adeguamento al costo della vita. Ora il Consiglio questi soldi non ce li vuole dare, ma noi lo riteniamo giusto, inevitabile vista la crisi. Solo qualche irresponsabile e piccolissimo sindacato li rivendica. Però certa stampa fa passare questa rivendicazione di un’infima minoranza come una richiesta di aumento dei salari da parte dei funzionari europei. Le cose, evidentemente, non stanno così. Un’altra assurdità della nostra busta paga è che dal 1973 paghiamo un “contributo per la crisi” (era quella del petrolio!) per aiutare la società europea. E’ un contributo proporzionale allo stipendio. Ora, innanzitutto questo contributo non è mai andato alla società europea ma nel bilancio generale dell’UE. E poi abbiamo continuato a pagarlo anche quando di crisi non ce n’era e ora il Consiglio vuole che venga mantenuto e aumentato. Ma perché non piantarla con questa commedia e farlo diventare direttamente un taglio dello stipendio?
Bisogna infine fare una distinzione fra le tre istituzioni. So che è complicato capire. La proposta di tagli della Commissione noi alla fine la approviamo, anche se brucia. Approviamo anche le modifiche in peggio introdotte dal Parlamento. Quello che è inaccettabile per noi è l’impostazione del Consiglio, che vuole tagliare non più un paio di miliardi, come propongono Parlamento e Commissione, bensì 15 miliardi del nostro bilancio! Questo vuol davvero dire la fine dell’UE come la conosciamo. E’ per questo che sono i funzionari del Consiglio che hanno indetto lo sciopero l’8 novembre. Fanno sciopero loro, contro il Consiglio. Noi non faremo sciopero, nella stragrande maggioranza, perché non abbiamo niente da rimproverare a Commissione e Parlamento e non possiamo scioperare contro un’altra istituzione. La differenza è importante.