Hanno sempre fatto i duri, anche adesso che la crisi si affaccia sul canale della Manica i britannici non demordono e continuano a mettere i bastoni fra le ruote a Bruxelles: il premier conservatore David Cameron ha minacciato di porre il veto sulla difficile decisione di martedì riguardo l’ammontare del budget europeo per il periodo 2014-2020.
Un brutto segnale per l’economia britannica è stato certamente il fatto che lunedì il Cancelliere dello Scacchiere, George Osborne, abbia annunciato tagli al welfare per oltre 10 miliardi di sterline (ossia 12,4 miliardi di euro) previsti per il primo anno dall’inizio della prossima legislatura. Questi saranno da aggiungersi ai 18 miliardi di sterline già messi in conto, per una battaglia contro il deficit intrapresa in un momento quantomeno inusuale: “Ci siamo assunti un rischio – ha detto lo stesso Osborne – che pochi partiti politici nel resto del mondo sono pronti prendersi prima delle elezioni”. Così la Gran Bretagna non esita a stringere la cinghia e a tagliare le spese, ma, se pronta a farlo a casa propria, pretende che i suoi vicini non siano da meno. Nell’intervista rilasciata domenica sera alla BBC, Cameron ha fatto presente che la maggior parte dei suoi concittadini “non vuole lasciare l’Unione, né la vuole così com’è. La vuole cambiare”.
E il premier non esita a mettersi in prima fila per una riduzione delle spese, ha detto infatti che “se necessario” sarà pronto a porre veto sulla decisione del consiglio, ha poi suggerito la creazione di un doppio budget europeo: uno dedicato unicamente ai paesi della zona euro ed uno per tutti gli altri Stati membri dell’Unione.
Non è certo solo in quella che viene definita la “guerra del trilione” in riferimento ai 1.000 miliardi che i 27 paesi membri sono chiamati a versare nelle casse di Bruxelles per il prossimo bilancio europeo. Il Premier britannico sembra aver solo estremizzato quella posizione tenuta dai falchi del nord, quali Germania, Finlandia, Olanda, Svezia e Danimarca, che premono per la riduzione del contributo finanziario richiesto. Un’idea in netto contrasto con quelle della Commissione Europea, la cui formula ideale è “più soldi per più Europa”, per un aumento del bilancio rispetto agli anni passati, tenendo fede all’idea che, se si desidera più crescita, vi si deve investire.
Cameron ha fatto scalpore, ma senza inventare nulla di nuovo: solo il 25 settembre scorso, infatti, nella bozza sul rafforzamento dell’unione economica e monetaria presentata dal presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy , si ventilava l’ipotesi di un euro-budget: un secondo bilancio, dedicato solo ai 17 paesi della zona euro, che li avrebbe agevolati tanto nella stabilizzazione finanziaria quanto nella condivisione di possibili rischi, da aggiungersi a quello già esistente. Un’ipotesi apprezzata anche da Francia e Germania anche se il tutto avrebbe però richiesto una modifica dei trattati e tempi troppo lunghi.
Oggi a Lussemburgo si terrà l’Ecofin, il consiglio dei ministri delle finanze dell’Unione, e Cameron ha già anticipato che lui stesso non crede che su questi temi si raggiungerà alcun accordo, ma insiste (la sua) “è la direzione giusta”.
La strada potrebbe forse essere corretta, ma certamente sarà lunga: lo stesso Van Rompuy non crede che la soluzione arriverà al consiglio dei Capi di Stato e di Governo di metà ottobre e già ha annunciato un vertice straordinario a novembre proprio dedicato al budget europeo 2014-2020.
Camilla Tagino