Nella piatta Bruxelles si è respirata aria di montagna. Martedì sera tra polenta concia, coregone, guanciali di “Rossa pezzata d’oropa” e lane pregiate è stata inaugurata al Parlamento Europeo la mostra “Campioni in Stoffa” che proseguirà fino al 5 ottobre e che tornerà presto a Bruxelles all’Istituto Italiano di Cultura. Biella, la piccola provincia conosciuta nel mondo come la capitale europea del tessile, si è così fatta spazio tra le istituzioni dell’Unione.
I biellesi sono arrivati in Belgio spavaldi con l’ex sindaco, l’Eurodeputato Gianluca Susta, che, nel paese dove si producono più di cento diversi tipi di birra, ha presentato la biellese Menabrea, come una delle migliori birre al mondo. “È stata vincitrice di numerose medaglie d’oro e argento al World Beer Championship di Chicago e – ha aggiunto – di certo alla competizione non mancavano le belghe o le olandesi”.
Troppa arroganza? No, se erano sinceri i numerosi complimenti alle prelibatezze biellesi da parte di tutti gli invitati stranieri. Il cibo, per l’Italia, è del resto da sempre una carta vincente, il problema si pone invece per altri settori meno famosi all’estero, ma non per questo meno apprezzati.
Primo fra tutti proprio quello del tessile, la punta di diamante dell’area del Biellese, che però da anni si trova ad affrontare una grande sfida: la battaglia contro la produzione cinese. In Cina, si sa, sono bravi e sono ormai in grado di riprodurre tutto ciò su cui un tempo avevamo l’esclusiva. Copiano così bene che, bisogna ammetterlo, ottengono anche loro risultati di alta qualità e, oltretutto, a prezzi vertiginosamente ridotti.
Sono tempi di crisi, quelli in cui si è persino tentato di smontare le fabbriche e rimontarle in Cina pur di abbassare il prezzo della mano d’opera, mossa che si è poi rivelata controproducente perché altro non si è fatto che insegnarli il mestiere, a casa loro. La soluzione però esiste e si riassume nel solito: “bisogna puntare sul made in Italy”, sull’ottima qualità, sul buon gusto e soprattutto sulla storia.
Ecco spiegato il perché di una mostra che espone campionari tessili di inizio ‘900 e cartelle di colori dai nomi più strani (il verde, infatti, non è solo verde, ma oasi, sereno, sofora, fonte o pappagallo). L’obiettivo è di far vedere e toccare con mano quell’antica tradizione, che oggi è alta qualità e che nessuno straniero potrà riprodurre. Ma in un contesto in cui vengono esposti insieme tessuti ad alto contenuto tecnologico e volumi della collezione inverno 1873, si guarda anche al futuro ed è un futuro tutto europeo. In Parlamento era presente infatti anche l’Associazione Tessile e Salute per discutere di argomenti che ci riguardano da vicino.
Perché sempre dalla Cina arriva, oltre il danno, anche la beffa. Così se nel loro paese sono in vigore norme che limitano l’importazione di determinati materiali tessili, considerati tossici, questi stessi materiali vengono, però, da loro prodotti e in seguito rivenduti sui nostri mercati. Si lavora perciò per dotare l’Europa di una legislazione che impedisca la circolazione di tessuti in grado di rilasciare sostanze che presentino rischi per la salute dei consumatori. Un morbido percorso quello della lana più pregiata, che nasce sulle Ande dove viene raccolta, attraversa il Biellese per essere lavorata ma che arriva fino a Bruxelles per difendere il suo valore.
Camilla Tagino