A Bruxelles c’è troppa gente, bisogna ridurre le nascite. La discussa, e discutibile, scuola cinese approda nel cuore dell’Europa. Secondo il sindaco della Comune di Bruxelles, il socialista Freddy Thielemans, un miglior controllo delle nascite è necessario per combattere il sovraffollamento urbano: in dieci anni la popolazione dei diciannove comuni dai quali è formato l’agglomerato urbano della capitale belga (e Bruxelles è uno di questi, anche se il più grande, con i suoi 144.000 abitanti) è aumentata del 16,6%.
Un problema, questo, per nulla localizzato, che non riguarda nessuna comunità o regione in particolare, ma che, dice il sindaco: “tocca le famiglie musulmane come quelle ebree o cristiane”. E che deve essere affrontato “nel quadro di una lotta alla sovrappopolazione”.
Una crescita nettamente positiva quella che ha visto, nel 2010, le nascite doppiare i decessi (18.000 contro 9.000) e un totale di quasi 47.000 nuovi immigrati approdare su suolo belga (29.000 al netto delle partenze).
Se pensiamo che negli anni ’80 e ’90 del secolo scorso il forte esodo urbano che ha colpito la Regione di Bruxelles non veniva compensato da immigrazioni e natalità – il problema era, allora, di convincere le classi medie a restare sui 160 chilometri quadrati di suolo brussellese – oggi ci troviamo di fronte al “problema” opposto: dover assorbire un boom demografico spettacolare come effetto combinato di un tasso di natalità superiore alla media belga (sulla quale influiscono i sostanziosi aiuti pubblici alle famiglie) e dei fortissimi flussi migratori, che sono quelli contro i quali sembra puntare l’indice Thielemans, anche se non lo dice. Secondo le previsioni entro il 2020 Bruxelles toccherà quota 1.250.000 abitanti; si presenta impellente la necessità di costruire in fretta strutture, asili, scuole ed implementare i mezzi pubblici. Tanto più che, fa sapere Nicolas Dassonville, portavoce di Thielmans: “E’ ormai un fatto che Bruxelles sia piena di famiglie numerose, alcune con sette o otto bambini. Queste necessitano di strutture di accoglienza e di case popolari che attualmente non esistono”.
A tutto ciò si aggiunge la questione della densità urbana: con quasi 7.000 abitanti per chilometro quadrato ripartiti in maniera fortemente diseguale tra i suoi comuni, Bruxelles fa esplodere la media nazionale (360 ab/Km2). 2.000 abitanti a Watermael-Boitsfort e 23.000 a Saint-Josse, uno dei 19 comuni di Bruxelles che ha l’indesiderato record di essere il più povero del Belgio intero: la disparità dei dati mostra che i nuovi inquilini tendono a concentrarsi principalmente nei quartieri già popolati: Molenbeek, Anderlecht e lo stesso minuscolo Saint-Josse.
E’ proprio in queste zone più disagiate che la disoccupazione tocca i livelli più alti (fino al 30% a Saint-Josse). La causa è, forse, da ricercare nel fatto che l’economia di Bruxelles, terza regione d’Europa per Prodotto Interno Lordo, è basata sui servizi e il 90% dei posti di lavoro sono forniti dal settore terziario. Come a Londra e a Parigi più della metà degli impieghi richiedono un diploma di istruzione secondaria che quattro brussellesi su 10 non possiedono. Questo squilibrio tra un’offerta di lavoro poco qualificata e una domanda molto qualificata spiega come mai a Bruxelles la disoccupazione arriva a colpire più di 100.000 persone sul poco più di un milione di abitanti della Capitale del Regno.
Loredana Recchia