Se la situazione sociale in Europa è disastrosa in Italia è drammatica. Lo afferma senza mezzi termini il Rapporto trimestrale sulla Situazione economica e sociale della Commissione europea. Siamo in fondo alle classifiche di praticamente ogni rilevazione, ed abbiamo registrato nel 2012 “il peggior declino dell’indice del clima sociale, passato dal -1,1% del 2011 al -3,1% del 2012”. Forse è un po’ colpa del governo Monti e delle sue misure, perché nel 2011 la tendenza era diversa, si registrò un +0,7%. Quest’anno siamo scesi dal 13° posto in classifica al 23°.
Qualche speranza la potrebbe dare la riforma del mercato del lavoro approvata dal Parlamento, secondo la Commissione (e questa è forse l’unica nota positiva nel rapporto) “d’ora in poi sarà più facile per le società liberarsi dei dipendenti il che dovrebbe incoraggiarle ad assumere più persone con contratti a tempo indeterminato anziché a termine”. A Bruxelles contano molto poi anche sulla riforma delle professioni.
I numeri dell’analisi trimestrale però fanno paura, visti tutti insieme. In seguito alle ristrutturazioni l’Italia “è di gran lunga il paese con il maggior numero di posti di lavoro persi”, si parla di 33.802 persone, contro le 17.471 in Francia o le 16.657 in Germania. Nel settore industriale è record a pari merito con l’Estonia: -7,3%. In breve, dicono a Bruxelles, “l’Italia resta il peggiore tra i quattro grandi (gli altri sono Francia, Germania e Gran Bretagna) nel mese di agosto, quando ha registrato il tredicesimo mese consecutivo di calo della produzione pro capite”. Anche in Germania però le cose non vanno benissimo, lì sono arrivati al quinto mese di calo. Il nostro calo di produttività è un record assoluto: -2,1%, ci seguono l’Ungheria con l’1,9% e la Gran Bretagna, con l’1,4%.
Ma noi siamo sempre tra i peggiori: “Nell’ultimo anno – scrive il rapporto – l’Italia ha registrato il peggior aumento delle difficoltà finanziarie delle famiglie, seguita da Gracia, Irlanda, Cipro, Portogallo e Spagna”. Di più: “L’Italia ha registrato il peggior declino nelle entrate delle famiglie, seguita da Grecia e Cipro”. E le previsioni, basate su dati terribili, sono cattive, per l’occupazione, per la produttività per la quantità di lavoratori tra i 15 e i 64 anni che sono inattivi: in Italia il 35%, in Danimarca il 21%.
E’ un disastro. A quattro anni dallo scoppio della crisi “la situazione occupazionale e sociale nell’Ue è rimasta molto grave con un aumento della disoccupazione complessiva, ma anche la evidenziazione di differenze significative tra gli Stati membri; la situazione finanziaria delle famiglie si va deteriorando e la povertà infantile è in aumento”. Scrive la Commissione esaminando la situazione sociale in generale dopo il secondo trimestre del 2012.
Tecnicamente l’Unione è in recessione dalla fine del 2011 e il sentimento economico generale è al suo livello più basso in tre anni. In questo contesto, “le prospettive di occupazione rimangono povere rispetto alla situazione pre-crisi”, aggiunge la Commissione.
Il commissario per l’Occupazione gli affari sociali e l’inclusione László Andor è preoccupato, “il costante calo del reddito disponibile delle famiglie e la povertà infantile in crescita riflettono l’esistenza di una vera e propria crisi di emergenza sociale”.
Particolarmente preoccupante è il fatto che la disoccupazione è ancora in aumento ed è salita a 25,3 milioni, un massimo storico, in crescita di 2,6 milioni (+11,6%) rispetto a marzo 2011. Giunto oramai al 10,4% a livello europeo, il tasso di disoccupazione è aumentato in 17 Stati membri e le disparità sono di nuovo ampliate. Si è toccato un nuovo record nel gap al 20,6% tra i tassi di disoccupazione più bassi (in Austria, con il 4,5%) e più alti (in Spagna, con il 25,1%). Il numero di disoccupati di lunga durata è aumentato in 15 Stati membri, rispetto allo scorso anno e ha raggiunto 10,7 milioni. I disoccupati a lungo termine sono ora il 4,5% della popolazione attiva (+0,4 punti percentuali nel corso dell’anno).
Le prospettive per i giovani sono drammatiche. La loro disoccupazione è a un livello spaventoso: 22,5% a luglio – anche se per fortuna non è aumentata ulteriormente nel secondo trimestre. Dodici Stati membri hanno registrato tassi di oltre il segno del 25%, e solo tre rimangono sotto il 10%: Austria, Germania e Paesi Bassi. Sempre più giovani sono completamente persi: non studiano, non lavorano e non hanno prospettive.
Secondo le cifre della Commissione nel 2011 altre alla questione dei disoccupati c’è quella degli 8.600.000 sottoccupati, lavoratori a tempo parziale – prevalentemente donne – e di altri 10,9 milioni di persone che erano in una “zona grigia” tra inattività e disoccupazione, come quelli che hanno rinunciato a cercare lavoro.
Il reddito familiare lordo disponibile è crollato in due terzi dei paesi dell’Unione europea tra il 2009 e il 2011, con i più grandi cali registrati in Grecia (15,7%), Irlanda (9%) e Lituania, Spagna, Cipro e Ungheria (tutti oltre il 4%). In senso inverso sono andati, per loro fortuna, i cittadini di Germania, Belgio, Slovenia e Francia, dove i sistemi di welfare e dei mercati del lavoro più elastici hanno permesso ai redditi complessivi di continuare ad aumentare durante la crisi. Tuttavia, la crisi ha colpito quote significative della popolazione e causato un aumento della povertà anche in questi paesi.
Sempre più deboli gli ultimi della fila, i bambini. La povertà infantile sta diventando un problema per un numero crescente di famiglie a causa dei guadagni insufficienti nel lavoro dei genitori e un sostegno pubblico inadeguato. La percentuale di bambini a rischio di povertà (dopo i trasferimenti sociali) va da circa il 10% in Danimarca e Finlandia a oltre il 20% in Italia, Spagna, Grecia, Bulgaria, Portogallo, Romania, Lettonia, Polonia, Lituania e Lussemburgo.
L.R.
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