Non ha intenzione di perdere tempo Paolo De Castro, presidente della commissione Agricoltura e sviluppo rurale e capo delle negoziazioni per una nuova Politica agricola europea per il 2014-2020. Approfittando del Consiglio informale dei ministri dell’agricoltura di Cipro, ha preso parte a un “trilogo informale” con il presidente di turno del Consiglio agricolo UE e ministro dell’agricoltura cipriota Sofoclis Aletraris e il commissario europeo per l’agricoltura Dacian Cioloş per aggiornarli sullo stato di avanzamento in Parlamento dei lavori sulla Pac. Nelle mani si trova un testo legislativo enorme che si propone di cambiare il volto dell’agricoltura europea.
Entra nel vivo il dibattito sul testo proposto dalla Commissione
“La proposta della Commissione consiste in 650 pagine di testo legislativo, una partenza molto robusta. Gli emendamenti sono stati 7mila 456, un record. Mai nella storia del Parlamento si sono raggiunto questi numeri. È chiaro che dipende dal fatto che il testo è ampio ma è anche il segnale che c’è una grande volontà di cambiarlo da parte dell’Aula”.
Le premesse non promettono bene quindi per quanto riguarda la facilità del confronto tra le Istituzioni
“Sarà una discussione difficile ma per fortuna per la prima volta il Consiglio dell’Unione europea ha voluto usare come base di partenza la piattaforma negoziale del Parlamento e questo dovrebbe facilitare le cose. Mentre noi negoziamo tra i gruppi politici per trovare una nostra maggioranza, che speriamo sia ampia, in parallelo lo stesso sforzo dovranno però farlo i ministri”.
Quali sono le principali differenze tra le vostre proposte e le loro?
“Beh in generale diciamo che noi critichiamo il testo ma ci stiamo muovendo lungo il solco della proposta della Commissione. Vogliamo modificarla ma partendo dall’impostazione data da . Il Consiglio invece, nelle prime discussioni, ha mostrato una volontà di rigetto, di forte cambiamento nella riforma”.
I tempi per l’approvazione potrebbero essere lunghi
“È un file molto complesso ma vogliamo procedere a ranghi serrati. In agenda avevamo stabilito che avremmo votato in Commissione il primo dossier entro novembre e nel primo incontro dopo la pausa estiva abbiamo deciso di mantenere questo impegno”.
Qual è, dal punto di vista del Parlamento, il maggior limite del testo proposto dalla Commissione?
“È una proposta troppo rigida e che crea burocrazia. Pensiamo ai controlli che ci vorrebbero per verificare che i terreni siano lasciati a riposo, che si faccia la rotazione delle colture come chiesto dalla Commissione etc. etc. Un’attività di controllo del genere creerebbe una complessità burocratica enorme. Lo steso Cioloş stima che la nuova Pac costerebbe il 15% in più alle aziende mentre i nostri calcoli dicono che gli aumenti sarebbero addirittura del 25/30%. Per questo stiamo lavorando per semplificare le procedure e diminuire la burocrazia”.
Sembra che il budget per la Pac verrà diminuito in percentuale rispetto al Bilancio pluriennale complessivo del periodo 2014-2020
“Quella sarà un’altra dura battaglia”.
Quali saranno i principali cambiamenti nella Politica agricola comune?
“Ci saranno 3 grandi cambiamenti. Innanzitutto Parlamento e Consiglio siamo d’accordo nel pretendere meno burocrazia e meno costi applicativi. Poi, e anche in questo c’è convergenza con i ministri degli Stati membri, vogliamo aumentare la flessibilità nei confronti dei Paesi dando maggiore autonomia nelle modalità applicative. Tra poco con l’ingresso della Croazia saremo 28 Stati che vanno da Cipro alla Finlandia, paesi con caratteristiche agricole diverse, non possiamo non tenerne conto.
E terzo?
“E terzo ci saranno più misure per gestire le crisi di mercato, non c’è nulla nella proposta Cioloş su questo punto. Noi proponiamo assicurazioni vogliamo spingere i produttori ad organizzarsi, ad aggregarsi per gestire meglio le difficoltà del mercato”.
Molto criticata la proposta di destinare il 7% dei terreni a uso ecologico
“La percentuale è alta se si applica alle singole proprietà. Immaginiamo un agricoltore che abbia pochi ettari di terra, il 7% del suo terreno potrebbe equivalere a poche centinaia di metri quadri. Che beneficio ci sarebbe per l’ambiente impedendogli di coltivarli o di farci pascolare il bestiame? Nessuno ma per lui sarebbe un danno, in termini economici, molto forte”.
Così si potrebbe fare allora?
“Si potrebbe pensare di applicare il riposo obbligatorio a livello di macro aree. Se mettiamo insieme tante aziende il discorso è diverso perché possiamo creare dei corridoi ecologici che avrebbero, quelli sì, un impatto ambientale alto e uno più basso in termini di perdite economiche per agricoltori e allevatori”.
Intervista raccolta da Alfonso Bianchi