“La nuova Pac sarà più semplice per gli agricoltori, più equa tra i produttori e più efficace in termini di utilizzo delle risorse”. La scrivania di Giovanni La Via (Pdl/Ppe) è invasa dagli emendamenti al testo di cui è relatore sulla riforma della Politica agricola comune per il periodo 2014-2020: “Sono migliaia ma bisogna studiarli tutti perché ci si trovano diverse insidie. Il nostro obbiettivo è mettere a punto un testo organico che tenga conto di tutte le priorità emerse in Parlamento”.
Cosa cambierà?
“Agiremo su tre questioni principali: pagamenti diretti, politiche di sviluppo rurale e interventi sul mercato. Sul primo punto il sostanziale cambiamento è che i soldi andranno solo agli agricoltori attivi. Finora chi ha maturato il diritto nel periodo storico di riferimento (1999/2001) prende ancora il premio anche se non fa più l’agricoltore togliendo risorse a chi lavora davvero la terra”.
Come saranno distribuite queste risorse?
“Ci sarà un sistema più equo, oggi ci sono troppe differenze, un agricoltore maltese riceve 600 euro di contributi e un lettone 60. Queste differenze tenderanno a ridursi nel corso degli anni con una convergenza nei paesi a livello medio. Ma anche una convergenza all’interno dei paesi tra coloro che prendono di più e coloro prendono di meno”.
In che modo?
“Mentre la vecchia Pac dava un aiuto al reddito la nuova darà soldi in cambio di una prestazione ambientale: tutela del territorio, rispetto del paesaggio, il favorire la biodiversità, il rispetto delle falde. Gli agricoltori e allevatori dovranno però lasciare una piccola percentuale del terreno a riposo come fosse un’area naturale”.
Una proposta molto criticata, la Commissione vorrebbe il 7% di terreni per “uso ecologico”.
“Noi sappiamo che da qui al 2050 secondo la Fao ci sarà un aumento del fabbisogno di cibo a livello mondiale. Se noi riduciamo troppo i terreni in Europa è ovvi che questo inciderà negativamente. Perciò stiamo puntando a diminuire questa percentuale. Nel contempo daremo però incentivi all’innovazione e alla competitività in modo tale da aumentare la capacità produttiva delle aree”.
E per lo sviluppo?
“Metteremo in campo molte più misure agro-ambientali, misure facoltative. Incentivi per il produttore che verrà sovvenzionato in misura maggiore se coltiverà il biologico, se aiuterà la biodiversità con prodotti specifici e tipici del territorio, se metterà meno capi di bestiame al pascolo su un determinato campo per incidere meno fortemente sugli equilibri ambientali”.
Quali invece le misure di intervento sul mercato?
“Prima l’Europa gestiva il mercato intervenendo direttamente, ad esempio comprando se il prezzo del prodotto era basso. Il problema è che i prezzi hanno oscillazioni troppo forti. Noi cambieremo le maniere di intervento con nuovi meccanismi, favorendo assicurazioni e incentivando l’aggregazione di produttori attraverso la costituzione di organizzazioni in modo che, insieme, possano meglio gestire l’offerta con una riduzione dei volumi quando i prezzi sono bassi per facilitare la ripresa, e uno stimolo alla produzione quando i prezzi sono alti per facilitare l’offerta. Questo calmerà il mercato”.
È previsto anche un sostegno ai giovani.
“Un sostegno che è fondamentale se si pensa che in Europa i 2/3 degli agricoltori hanno più di 65 anni e solo il 3,8% ha meno di 35 anni. Se si continua così tra poco non avremo più agricoltori. Noi vogliamo dare un contributo addizionale ai giovani per spingerli a continuare a lavorare la terra”.
Nel 2010 alla Pac sono stati destinati oltre 56 miliardi, il 45% dell’intero bilancio Ue. Una cifra che sembra francamente esorbitante.
“Dobbiamo tenere presente che per il futuro c’è stato un congelamento delle risorse destinate all’agricoltura mentre altre risorse crescono. Questo vorrà dire che in termini percentuali si ridurrà l’impatto della Pac sul bilancio pluriennale 2014-2020 scendendo forse al 35%. La cifra però non è eccessiva, in Italia si dice “Dividi ricchezza che diventa povertà” e per quanto riguarda la Pac è così. Se dividi i 56 miliardi di euro per i 27 Stati ti accorgi che all’Italia (uno dei più grandi produttori) ad esempio ne spettano 6 miliardi e 100 milioni e per il sostegno al settore non è tanto. Con la redistribuzione che stiamo immaginando però sono sicuro che questi soldi saranno impiegati in maniera più efficace”.
Intervista raccolta da Alfonso Bianchi