Non bastavano gli scontri interni alla Bce sull’acquisto diretto di bond tra Mario Draghi e il tedesco Jens Weidmann, presidente della Bundesbank nonché membro del Consiglio centrale della Banca centrale europea. A complicare le cose c’è adesso uno scontro tra l’istituto finanziario e il Parlamento europeo. La Commissione affari economici e monetari ha infatti rimandato l’audizione, prevista per lunedì, del candidato al board della Bce Yves Mersch, 62 anni, presidente della Banca centrale del Lussemburgo. La decisione è stata presa perché il Parlamento avrebbe voluto che il ruolo fosse ricoperto da una donna, anche in ottemperanza della scelta della Commissione europea che impone una rappresentanza di genere di almeno il 30 per cento nei cda.
“La decisione è stata presa – ha spiegato la liberale inglese Sharon Bowles, presidente della Commissione parlamentare – perché nessuna donna è stata presa in considerazione per quel ruolo”. Il seggio del board è vacante dal 31 maggio scorso quando è scaduto il mandato dello spagnolo Gonzalez Paramo. Per il suo posto il Consiglio europeo a giugno aveva proposto il nome di Mersch. “Non una sola donna siede nel Consiglio di quella che è la più importante e potente istituzione europea. Gli effetti pratici e simbolici di questa assenza sono forti” ha tuonato la Bowles che ha chiamato in causa direttamente il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Juncker: “Gli ho scritto chiedendo che venisse preso in considerazione un candidato per ogni genere prima di fare una raccomandazione per rimpiazzare Paramo. Gli ho anche chiesto di mettere in campo un piano di medio e lungo termine per facilitare l’avanzamento delle donne verso posizioni influenti sia nella Bce che nelle banche nazionali e negli istituti finanziari. Mi hanno dato solo risposte verbali spiegandomi che non c’erano candidati adatti. Abbiamo allora ritenuto che la questione non fosse stata affrontata con la dovuta serietà e per questo abbiamo valutato che non c’erano le condizioni per svolgere l’audizione prevista per lunedì”.
Alfonso Bianchi