Ad oltre un mese dal referendum che ha segnato l’estate rumena del 2012, la vita politica di Bucarest riprende la sua routine con il reinsediamento di Traian Băsescu alla presidenza della Repubblica.
Il 21 agosto scorso la Corte Costituzionale ha dichiarato invalido il referendum per non aver raggiunto il quorum del 50%+1 degli aventi diritto al voto. A dispetto dei 7 milioni e 400 mila voti (ovvero l’88,7% dei voti espressi) a favore delle dimissioni, il 27 agosto Băsescu ha dunque ripreso la sua postazione a Palazzo Cotroceni, certamente indebolito nel gradimento dei suoi cittadini, ma rassicurato dal sostegno esterno dell’Occidente.
Dietro la tutela dello stato di diritto e dell’indipendenza della Corte Costituzionale, l’UE e la NATO (e quindi gli Stati uniti) potrebbero celare ben altri interessi in materia di sicurezza e difesa. Negli ultimi anni Basescu ha chiaramente sposato gli interessi occidentali, siglando partenariati strategici e garantendo l’affiliazione romena al sistema filo occidentale. La Romania infatti ospita due sedi militari USA di cui una è candidata ad ospitare le attività amministrative dello scudo antimissile, in posizione strategica al confine con la sfera di influenza russa. E visto che il futuro si fa sempre più incerto, corre voce che per garantire la sicurezza nazionale la Romania debba acquistare ben 24 aerei F16 di seconda mano dalla Lockheed Martin, senza tra l’altro indire una regolare gara d’appalto. Se fossero confermate queste voci, il mero interesse dell’Unione europea e degli Stati uniti, in particolare, potrebbe essere la garanzia che il Paese non volti le spalle all’Occidente e si rivolga piuttosto verso la Russia.
Paradossalmente, nel sostenere formalmente il rispetto dello stato di diritto e l’indipendenza del sistema giudiziario, l’Unione europea in primis mostra una distratta superficialità rispetto allo scontro politico in atto in Romania. Scontro politico nato proprio dal malessere generale che impera nel Paese a causa delle misure adottate da Băsescu per risanare i conti finanziari, durante il suo ultimo mandato. Gli oppositori del presidente fondano le proprie critiche sulla violazione della Costituzione da parte del capo dello Stato, per essersi attribuito prerogative istituzionali di competenza del governo, e per aver influenzato il sistema giudiziario, del quale ora si rivendica l’indipendenza.
Sconfitto nello scontro istituzionale, il primo ministro Ponta, si ritrova delegittimato a livello internazionale e indebolito nei consensi da parte del proprio elettorato. La sua credibilità personale e quella della stessa Romania sono ormai minate da mesi di instabilità politica, con conseguenti ricadute negative sul piano economico e degli investimenti. In vista delle prossime elezioni legislative che si terranno il prossimo dicembre, Ponta dovrà trovare argomentazioni per convincere un elettorato deluso sul fronte interno e umiliato dal trattamento ricevuto in Europa.
Valentina Strammiello, ricercatrice Fondazione Cipi ©Eunews.it