Bruxelles – Non c’è destra e non c’è sinistra: l’Unione europea, la moneta unica, sono sotto attacco di neonazisti e socialisti, di populisti centristi e di moderati di destra. Il panorama degli “euroscettici”, come, nel linguaggio paludato di Bruxelles si definiscono sia i prudenti sia gli avvelenatori dell’Unione, si è andato arricchendo con la crisi economica e le incertezze dei leader nell’affrontarla. La violenta austerità imposta in alcuni paesi come la Grecia, tradizionalmente favorevole al processo europeo, ha fatto crescere forze che, messe insieme, rasentano la maggioranza. La guerra è partita con gli attacchi alla moneta unica, prima vittima della crisi e che dunque per molti è diventata la “responsabile”, ma poi si è allargata a tutto il processo di integrazione, individualismi, nazionalismi, protezionismi, populismi hanno vita facile, nuovi leader e nuovi partiti sono nati (e ne nasceranno) con un unica parola d’ordine: “No all’euro, no all’Europa”. E’ una politica facile, che sfrutta il malessere, le debolezze degli elettori che, dicono invece gli europeisti, non si rendono conto che senza l’Unione e l’euro sarebbero stati schiacciati senza pietà già da qualche anno.
Lo “scetticismo” si manifesta in varie forme. C’è chi vorrebbe un’Europa a due velocità, i ricchi con la loro moneta e i poveri con quel che gli pare, chi vorrebbe cacciare quelli che hanno i guai maggiori, chi, ancora, vorrebbe semplicemente abbandonare il “carrozzone europeo” e andare avanti per la sua strada, altri chiedono di cominciare cacciando islamici, neri, immigrati in genere e di costruire un’Unione europea della purezza. Ecco un elenco dei principali nemici dell’Unione, diviso per Paesi.
GERMANIA
E’ il paese più ricco, più potente dei Ventisette. Grandi lavoratori, pronti a sacrificarsi per un futuro più solido, e anche i migliori federalisti, quelli più pronti a mettere in comune le politiche, a patti severi, naturalmente. Proprio per questo molti temono che i meno virtuosi, gli scialacquatori, possano portare a fondo tutto il processo, Germania compresa. Non hanno tutti i torti, ma qualcuno, come Markus Söder, ministro delle Finanze della Baviera, uno dei leader della Csu, partito alleato di Angela Merkel, va oltre, e parlando della situazione greca dice che“a un certo punto ciascuno deve partire di casa e lasciare la mamma”. Non basta: “Se un paese come la Grecia non può rimborsare i suoi debiti – aggiunge -, deve lasciare l’euro”. Solidarietà zero, paura tanta. Il ministro degli Esteri di Berlino, il liberale Guido Westerwelle ha alti e bassi, ma comunque sottolinea che “la Germania non può garantire i debiti di tutta l’Europa”. L’opposizione tedesca agli eurobond poi è nota, ed è diffusa anche tra i socialdemocratici.
FRANCIA
Il secondo paese dell’euro, una vecchia potenza oramai appannata. Parigi è impegnata con l’Europa, ma con prudenza. Tradizionalmente statalista, incline al protezionismo, non ama delegare a Bruxelles, non lo ama neanche il socialista François Hollande. Vicino agli euroscettici è il principale candidato della sinistra alla presidenziali, Jean-Luc Malenchon, che tentò di sostenere la candidatura ricreando il fronte del “no” al referendum sulla Costituzione europea nel 2005. La portabandiera dell’antieuropeismo è Marine le Pen, leader del movimento di estrema destra Front National e deputata europea (l’unica assemblea nella quale è riuscita a farsi eleggere). “Sin dal suo inizio la costruzione europea è stata fatta contro i popoli europei”, sostiene la signora, e c’è già tutto.
ITALIA
Si va dalle battute di Silvio Berlusconi contro l’euro all’estremismo della Lega. Il partito dell’ex premier non è però un frenatore sull’Europa, anche se con qualche difficoltà sta sostenendo il governo di Mario Monti, che proprio con l’Ue ha la massima esposizione. Tradizionalmente prudente ed ora frenatore totale è la la Lega, “localista” e dunque non federalista a livello europeo. Da un po’ si è aggiunto Beppe Grillo con il suo movimento. Si misurerà alle prossime elezioni quanto sarà in grado di opporsi al progetto europeo.
GRAN BRETAGNA
Qui si dice che quando la Manica non è navigabile “il Continente è isolato”. Questo già basta a capire l’approccio verso “gli europei”, che saremmo noi del continente, distinti da loro dell’isola. Dal 1973 sono nell’Unione, ma sempre tenendosi a distanza, non sono nell’euro. Il campione di euroscetticismo, è Nigel Farge, leader del partito Ukip, anche lui deputato europeo, ovviamente, perché solo lì è riuscito a farsi eleggere. “Prego perché l’euro sia distrutto dai mercati prima che il progetto si espanda”, dice l’unico deputato europeo che non applaudì il discorso in Aula del principe Carlo sulla difesa del Clima globale.
OLANDA
Paese fondatore dell’Unione, ma oramai “ha tradito”. Non c’è solo il partito sciovinista, anti-islamico e populista di Geert Wilders a frenare sull’Europa, ma anche i socialisti, che molti vedono in ottima posizione per le elezioni politiche del 12 settembre, stanno facendo campagna proprio su un programma euroscettico.
GRECIA e altri.
Atene ha visto crescere l’astio verso l’Ue e parallelamente ai sacrifici che le sono stati chiesti. Anche qui andiamo da destra, i neonazisti di Alba Dorata sui quali non c’è molto da dire, alla sinistra di Alexis Tsipras, coalizione di partiti democratici giunta seconda alle elezioni, che dice “no” al programma imposto al loro paese. Poi si potrebbe continuare quasi all’infinito, passando dall’Ungheria del premier Viktor Orban, sempre in litigio con Bruxelles, o dalla Romania di Viktor Ponta, altro premier recalcitrante. In Finlandia c’è Timo Soini, capo dei “Veri finlandesi”, anche lui parlamentare europeo e in Austria c’è Heinz Christian Srache, che da Jeorg Haide ha ereditato il partito nazionalista Fpoe.
Da Il Secolo XIX del 2 settembre 2012, pag. 3.