Con un referendum popolare, il 29 luglio prossimo i cittadini romeni saranno chiamati ad esprimersi sulle sorti di Traian Băsescu, temporaneamente sospeso dall’incarico di presidente della Repubblica.
Esponente del partito liberal democratico, Băsescu è personaggio presente da tempo nello scenario politico romeno, prima come sindaco della capitale Bucarest, e dal 2004 come presidente della Repubblica.
A volere la rimozione dall’incarico l’Usl (Unione Social Liberale), una coalizione parlamentare il cui unico collante è l’opposizione a Băsescu. I partiti che la compongono sono infatti estremamente eterogenei tra loro: da un lato il Partito Social Democratico, erede del partito comunista romeno, e dall’altra l’Alleanza di Centro Destra, a sua volta composta dal Partito Nazional Liberale e dal partito conservatore.
Grazie alla sua maggioranza numerica in Parlamento, l’Usl, costituita nel febbraio 2011, è riuscita con calcolo e “precisione militare” ad avviare la procedura per l’impeachment con la motivazione che Basescu, in veste di presidente della repubblica, non avrebbe rispettato il principio di imparzialità.
Una superficiale interpretazione dei fatti indurrebbe a pensare che Victor Ponta, primo ministro del governo romeno dal maggio 2012, e il suo governo stiano agendo in violazione dei fondamentali principi dei cosiddetti checks&balances che regolano l’equilibrio dei poteri istituzionali, minando l’indipendenza del potere giudiziario e sfidando l’autorità della Corte Costituzionale. Questa è la voce preponderante in Europa, che della democrazia e dei principi annessi fa il suo vanto.
Tuttavia non va dimenticato che Victor Ponta, è un primo ministro, espressione reale di una maggioranza parlamentare che poco a poco, come dimostrano anche dalle ultime elezioni locali, sta scardinando le roccaforti del Pdl di Băsescu, e conquistando sempre maggiore consenso popolare.
Secondo alcuni analisti, Victor Ponta come prima il “perfetto vassallo” Traian Basescu, risponde ai “poteri forti statunitensi, tanto che pochi mesi dopo il suo insediamento al governo, gli Stati uniti si sono premurati di affiancargli Wesley Clark, l’ex comandante di Stato Maggiore dell’esercito statunitense nonché ex comandante Nato operativo durante il conflitto in Kosovo. Il ruolo di Clark al fianco di Ponta sarà quello di consigliere strategico, soprattutto in materia di economia ed investimenti.
La crisi istituzionale romena esprimerebbe l’estromissione di Basescu, probabilmente colpevole di non aver corrisposto alle attese della leadership statunitense o semplicemente perché moneta di scambio in una soluzione geopolitica globale. L’instabile contesto politico romeno ha offerto uno scenario perfetto per un “colpo di stato legale”; del resto secondo molti analisti anche la destituzione di Ceausescu nel 1989 non è avvenuta grazie alla sola volontà dei Romeni.
Valentina Strammiello (Ricercatrice, Fondazione Cipi) ©Eunews.it
Con un referendum popolare, il 29 luglio prossimo i cittadini romeni saranno chiamati ad esprimersi sulle sorti di Traian Băsescu, temporaneamente sospeso dall’incarico di presidente della Repubblica.
Esponente del partito liberal democratico, Băsescu è personaggio presente da tempo nello scenario politico romeno, prima come sindaco della capitale Bucarest, e dal 2004 come presidente della Repubblica.
A volere la rimozione dall’incarico l’Usl (Unione Social Liberale), una coalizione parlamentare il cui unico collante è l’opposizione a Băsescu. I partiti che la compongono sono infatti estremamente eterogenei tra loro: da un lato il Partito Social Democratico, erede del partito comunista romeno, e dall’altra l’Alleanza di Centro Destra, a sua volta composta dal Partito Nazional Liberale e dal partito conservatore.
Grazie alla sua maggioranza numerica in Parlamento, l’Usl, costituita nel febbraio 2011, è riuscita con calcolo e “precisione militare” ad avviare la procedura per l’impeachment con la motivazione che Basescu, in veste di presidente della repubblica, non avrebbe rispettato il principio di imparzialità.
Una superficiale interpretazione dei fatti indurrebbe a pensare che Victor Ponta, primo ministro del governo romeno dal maggio 2012, e il suo governo stiano agendo in violazione dei fondamentali principi dei cosiddetti checks&balances che regolano l’equilibrio dei poteri istituzionali, minando l’indipendenza del potere giudiziario e sfidando l’autorità della Corte Costituzionale. Questa è la voce preponderante in Europa, che della democrazia e dei principi annessi fa il suo vanto.
Tuttavia non va dimenticato che Victor Ponta, è un primo ministro, espressione reale di una maggioranza parlamentare che poco a poco, come dimostrano anche dalle ultime elezioni locali, sta scardinando le roccaforti del Pdl di Băsescu, e conquistando sempre maggiore consenso popolare.
Secondo alcuni analisti, Victor Ponta come prima il “perfetto vassallo” Traian Basescu, risponde ai “poteri forti statunitensi, tanto che pochi mesi dopo il suo insediamento al governo, gli Stati uniti si sono premurati di affiancargli Wesley Clark, l’ex comandante di Stato Maggiore dell’esercito statunitense nonché ex comandante Nato operativo durante il conflitto in Kosovo. Il ruolo di Clark al fianco di Ponta sarà quello di consigliere strategico, soprattutto in materia di economia ed investimenti.
La crisi istituzionale romena esprimerebbe l’estromissione di Basescu, probabilmente colpevole di non aver corrisposto alle attese della leadership statunitense o semplicemente perché moneta di scambio in una soluzione geopolitica globale. L’instabile contesto politico romeno ha offerto uno scenario perfetto per un “colpo di stato legale”; del resto secondo molti analisti anche la destituzione di Ceausescu nel 1989 non è avvenuta grazie alla sola volontà dei Romeni.
Valentina Strammiello (Ricercatrice, Fondazione Cipi) ©Eunews.it