Mentre l’Italia, anche quella di Mario Monti, continua a tagliare i fondi alla ricerca, la Commissione europea su questo continua a puntare. Oggi le commissarie europee per la Ricerca e per l’Agenda digitale, Marie Geoghegan-Quinn e Neelie Kroes hanno illustrato le azioni che gli Stati membri devono compiere per realizzare lo Spazio europeo della ricerca (Ser), il mercato unico della ricerca e dell’innovazione in Europa concepito per migliori circolazione, concorrenza e collaborazione transfrontaliera fra ricercatori, istituti di ricerca e imprese. Si tratta dell’ultimo tassello, in ordine di tempo, della politica per far sviluppare il settore. “Il messaggio forte che intendiamo dare oggi – ha sottolineato Kroes – è che la ricerca deve essere sostenuta”.
Per arrivare allo Spazio europeo della ricerca la Commissione europea invita a lavorare su quelle che ritiene le cinque priorità chiave: maggiore efficacia dei sistemi nazionali di ricerca, rafforzamento della collaborazione e della concorrenza transnazionali, un mercato del lavoro più aperto per i ricercatori, uguaglianza e integrazione di genere nelle organizzazioni che svolgono e selezionano i progetti di ricerca, circolazione e trasferimento ottimali delle informazioni scientifiche. Entro il 2014 – termine ultimo fissato per la realizzazione della Ser, che dovrà dunque entrare in funzione con Horizon 2020, il nuovo programma quadro di ricerca dell’Ue – tutti i paesi membri dovranno rispondere a queste cinque priorità. Le parti interessate nel settore della ricerca sono quindi chiamate a definire e applicare i principi di accessibilità e portabilità delle sovvenzioni nazionali, a pubblicare le offerte di lavoro su un portale internet comune, ad assumere ricercatori seguendo procedure di selezione trasparenti, aperte e basate sul merito e a rafforzare i legami fra industria e accademia. Inoltre si chiede di promuovere l’accesso aperto alle pubblicazioni di ricerca derivate dai progetti finanziati dall’Ue e dagli Stati.
“La ricerca può creare un milione di nuovi posti di lavoro di qui al 2030 e produrre un fatturato pari a un punto percentuale di Pil dell’Unione europea” sempre al 2030, ha sottolineato Geoghegan-Quinn. “Non possiamo continuare a tollerare una situazione in cui il finanziamento della ricerca non è sempre assegnato in modo concorrenziale”, ha aggiunto. La commissaria ha quindi ricordato come da alcune indagini emerga che l’80% della comunità di ricerca ritiene che l’assenza di procedure di assunzioni aperte e trasparenti costituisca un ostacolo alla mobilità internazionale. Da qui la necessità che gli Stati membri “eliminino gli ostacoli alle carriere transfrontaliere di ricerca in Europa e si impegnino nel conseguimento di obiettivi di ricerca comuni, rafforzando il finanziamento competitivo per le istituzioni e i progetti e investendo in strutture d’avanguardia”. Nell’economia odierna, ha tenuto a precisare il commissario per le Ricerca, “nessuno Stato membro può permettersi di trascurare la propria base di ricerca”. Nessuno. Quindi nemmeno l’Italia.
Renato Giannetti ©Eunews.it
Mentre l’Italia, anche quella di Mario Monti, continua a tagliare i fondi alla ricerca, la Commissione europea su questo continua a puntare. Oggi le commissarie europee per la Ricerca e per l’Agenda digitale, Marie Geoghegan-Quinn e Neelie Kroes hanno illustrato le azioni che gli Stati membri devono compiere per realizzare lo Spazio europeo della ricerca (Ser), il mercato unico della ricerca e dell’innovazione in Europa concepito per migliori circolazione, concorrenza e collaborazione transfrontaliera fra ricercatori, istituti di ricerca e imprese. Si tratta dell’ultimo tassello, in ordine di tempo, della politica per far sviluppare il settore. “Il messaggio forte che intendiamo dare oggi – ha sottolineato Kroes – è che la ricerca deve essere sostenuta”.
Per arrivare allo Spazio europeo della ricerca la Commissione europea invita a lavorare su quelle che ritiene le cinque priorità chiave: maggiore efficacia dei sistemi nazionali di ricerca, rafforzamento della collaborazione e della concorrenza transnazionali, un mercato del lavoro più aperto per i ricercatori, uguaglianza e integrazione di genere nelle organizzazioni che svolgono e selezionano i progetti di ricerca, circolazione e trasferimento ottimali delle informazioni scientifiche. Entro il 2014 – termine ultimo fissato per la realizzazione della Ser, che dovrà dunque entrare in funzione con Horizon 2020, il nuovo programma quadro di ricerca dell’Ue – tutti i paesi membri dovranno rispondere a queste cinque priorità. Le parti interessate nel settore della ricerca sono quindi chiamate a definire e applicare i principi di accessibilità e portabilità delle sovvenzioni nazionali, a pubblicare le offerte di lavoro su un portale internet comune, ad assumere ricercatori seguendo procedure di selezione trasparenti, aperte e basate sul merito e a rafforzare i legami fra industria e accademia. Inoltre si chiede di promuovere l’accesso aperto alle pubblicazioni di ricerca derivate dai progetti finanziati dall’Ue e dagli Stati.
“La ricerca può creare un milione di nuovi posti di lavoro di qui al 2030 e produrre un fatturato pari a un punto percentuale di Pil dell’Unione europea” sempre al 2030, ha sottolineato Geoghegan-Quinn. “Non possiamo continuare a tollerare una situazione in cui il finanziamento della ricerca non è sempre assegnato in modo concorrenziale”, ha aggiunto. La commissaria ha quindi ricordato come da alcune indagini emerga che l’80% della comunità di ricerca ritiene che l’assenza di procedure di assunzioni aperte e trasparenti costituisca un ostacolo alla mobilità internazionale. Da qui la necessità che gli Stati membri “eliminino gli ostacoli alle carriere transfrontaliere di ricerca in Europa e si impegnino nel conseguimento di obiettivi di ricerca comuni, rafforzando il finanziamento competitivo per le istituzioni e i progetti e investendo in strutture d’avanguardia”. Nell’economia odierna, ha tenuto a precisare il commissario per le Ricerca, “nessuno Stato membro può permettersi di trascurare la propria base di ricerca”. Nessuno. Quindi nemmeno l’Italia.
Renato Giannetti ©Eunews.it