Ci risiamo, l’Istituto italiano di cultura a Bruxelles dimentica la sua missione e si plasma sugli interessi (personali e professionali) della sua direttrice. “L’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles è un organismo del Ministero degli Affari Esteri italiano ed ha quale permanente obiettivo quello di promuovere e diffondere la lingua e la cultura italiana in Belgio attraverso l’organizzazione di iniziative culturali volte a favorire la circolazione delle idee, delle arti e delle scienze”. Questo dice il sito dell’Istituto, seguendo le norme che regolano questa attività. E parla di Belgio, non accenna nemmeno all’Unione europea. Dunque come si spiega un evento come questo:
“The Future of the EU: Perspectives and Strategies“? No, il titolo non è stato tradotto, appare proprio così, in una lingua che, ad un primo esame, non sembra quella italiana e descrivendo un evento che è difficile definire come promozione della “lingua e la cultura italiana in Belgio”.
Il problema è grave. Non è ovviamente il fatto che la direttrice dell’Istituto è un’appassionata di temi europei, ma è che evidentemente (nel senso dell’evidenza delle cose, poi magari sotto traccia chissà cosa bolle) la cultura italiana va stretta, non interessa abbastanza la massima responsabile della sua diffusione in Belgio (e dunque a Namur, Ostenda, Liegi, Gand). I corsi di lingue c’erano e ci sono, qualche rara iniziativa più “culturale” c’era e c’è, più di recente sono state trasmesse le partite degli Europei di calcio nelle quali ha giocato l’Italia. Ma non c’è partita che tenga, lo sforzo centrale di Federiga Bindi, la direttrice dell’Istituto, è concentrato sull’Unione europea. E così, l’Italia, l’italiano, la nostra cultura passano in secondo piano. Anche se è quello che l’Istituto dovrebbe fare, e non scimmiottare in maniera un po’ provinciale i think tank di Bruxelles.