Con il via al semestre di presidenza cipriota ha inizio il congelamento dei rapporti deciso dal governo turco nei confronti della presidenza di turno dell’Unione, in quanto cipriota. Non si fermano pero’ i tentativi della Commissione di riannodare un dialogo fermo da troppo tempo, e proprio appena Nicolas Sarkozy uscì dall’Eliseo Jose Manuel Barroso e i suoi hanno mandato un nuovo segnale ad Ankara. Difficilmente qualcosa succedera’ in questi sei mesi, ma in pochi si accorgeranno dello ‘stop’ prolungato poiché nel paese guidato da Erdogan la questione dell’adesione all’Ue sta sparendo sempre più dalle prime pagine dei giornali così come dall’agenda politica nazionale. E la causa di questo stallo nel processo di avvicinamento all’Europa non è dovuta a una nuova svolta religiosa del paese, né a blocchi imposti dall’Unione per violazione dei diritti umani o delle minoranze nazionali. Ma, paradossalmente, soprattutto al boom che la Turchia sta vivendo in questo periodo di crisi dell’economia europea. O almeno questa è una delle conclusioni di uno studio effettuato dal Feps in una missione in loco effettuata alcuni mesi fa. Secondo l’organismo, presieduto da Massimo D’Alema, che raggruppa i think tank europei che fanno riferimento ai partiti progressisti, infatti, è proprio questa posizione privilegiata in cui si trova il Ankara a far sì che il Governo non sia ben disposto a cedere alle richieste dell’Ue (che fino ad ora, durante la presidenza Sarkozy, ha di fatto anch’essa bloccato molte possibilita’ di negoziato) in diversi campi, come i diritti dei curdi. Inoltre, viste le resistenze proprio di Cipro e anche della Francia (anche se le cose con Hollande potrebbero cambiare), il rischio per i turchi di cedere ad esempio sul riconoscimento dello stato cipriota per poi vedere sfumare il processo di adesione è troppo alto per fare si che sia la Turchia a fare dei passi verso Nicosia. E così dal 2005 ad oggi dei 35 capitoli del processo di adesione ne sono stati aperti solo 13 e soltanto quello su scienza e ricerca è stato chiuso.
Chiaramente anche la paura di una svolta fondamentalista del paese continua ad essere, dal punto di vista di alcune nazioni europee, un motivo di preoccupazione. Eppure il pericolo secondo il Feps è più apparente che reale. Erdogan difficilmente andrà oltre una citazione dell’Islam nella costituzione anche se sta attuando delle riforme nell’istruzione con una grossa apertura alle scuole religiose e l’introduzione dello studio della vita di Maometto in sostituzione della vecchia ora di “sicurezza nazionale”, un insegnamento di poca importanza disciplinare ma di grande valore simbolico e politico visto che le lezioni erano tenute direttamente da militari in divisa.
Ma anche sul capitolo Lavoro e Affari sociali il progresso del processo di adesione potrebbe incontrare difficoltà e anche qui a causa del boom economico turco. È l’economia liberista più pura che viene infatti ritenuta da Ankara l’asso nella manica del Paese e, rileva il Feps, ogni riforma sociale che interferisca con i diritti dell’impresa viene vista come causa di decrescita e la solidarietà sociale viene quindi lasciata alla libera iniziativa dei cittadini. O delle organizzazioni religiose.
Alfonso Bianchi Eunews.it