La situazione in Tibet preoccupa l’Europa,e il Parlamento Ue chiede all’alto rappresentante per la Politica estera, Catherine Ashton, di nominare un “rappresentante” speciale per la regione cinese.
Con una mozione approvata dall’Assemblea a Strasburgo, si esorta la nomina di “un coordinatore speciale per la promozione dei diritti umani in Tibet”, che “riferisca regolarmente della situazione e fornisca assistenza ai rifugiati tibetani”. Il testo, approvato a larga maggioranza, è stato presentato a seguito del deteriorarsi della situazione. Dal 2009 a oggi, infatti, ben trentotto tibetani – principalmente monaci e monache – si sono arsi vivi in segno di protesta contro la politica repressiva cinese nel territorio della regione autonoma tibetana (Tar). Da qui la decisione del Parlamento europeo di incalzare la Commissione Barroso – piuttosto timida nei confronti dei cinesi – a farsi sentire.
La risoluzione chiede a Ashton di affrontare il tema “in ogni incontro con rappresentanti della repubblica popolare cinese”. Una critica neanche troppo velata all’ultima visita ufficiale di un membro del governo di Pechino a Bruxelles: in quell’occasione Jose Manuel Barroso decise di non organizzare alcun punto stampa (neanche senza i cinesi) per timore di domande troppo scomode. Il tema Tibet è, ancora oggi, un argomento tabù per la Cina, così come quello dei diritti umani. Il parlamento europeo sfida allora il gigante asiatico: la risoluzione chiede di far pressione perché Pechino riconosca “una significativa autonomia al territorio storico del Tibet”. Parole che pesano come macigni.
Fino all’invasione e all’occupazione cinese del 1950, il Tibet era composto dalle tre regioni del Kham, Amdo e U-Tsang; i cinesi invece- da un punto di vista territoriale- considerano il Tibet come la Regione Autonoma tibetana (Tar), creata nel 1965 e comprendente in larga parte quella che per secoli è stata la regione dello U- Tsang: in quell’anno il Tibet venne di fatto smembrato, dal momento che il Kham e l’Amdo divennero parte delle province cinesi del Qinghai, dello Sichuan, del Gansu e dello Yunnan. Il Parlamento europeo va incontro alle posizioni dei Dalai Lama – la massima autorità spirituale e politica tibetana, che è anche stato ospite dei deputati – osteggiato da Pechino, che lo accusa di attività sovversiva in quanto contrario all’idea di una sola Cina. Il Parlamento Ue anche su questo è piuttosto chiaro, e “rifiuta” l’idea per cui il Dalai Lama è un minaccia all’unità cinese.
I deputati europei hanno scelto la linea dura nei confronti delle autorità cinesi: di fronte al deteriorarsi della situazione in Tibet, hanno chiesto, nella risoluzione, “accesso senza restrizioni per la stampa e le organizzazioni umanitarie” in Tibet, e hanno esortato Cathrine Ashton a far sì che l’attuale responsabile Ue che tra le sue competenze ha il Tibet “monitori il rispetto dei diritti umani in Cina”. La risposta cinese è facilmente prevedibile. Resta da capire come reagirà a questa risoluzione la Commissione Ue.
Emanuele Bonini ©Eunews.it