Bruxelles – La Commissione europea non garantisce trasparenza e libertà di stampa, nel nome di altri valori, che evidentemente vengono prima, quando sono in discussione i rapporti con un partner importante come la Cina. Da ieri i portavoce dell’esecutivo comunitario sono sotto attacco per alcune decisioni che fanno discutere e che sono destinate a far parlare ancora. Proprio in occasione della Giornata Mondiale della libertà di stampa Jose Manuel Barroso, presidente della Commissione, riceve Li Keqiang, vice primo ministro della Cina, repubblica popolare per definizione ma assai meno popolare in fatto di libertà di stampa. E, come con i cinesi capita, e solo con loro, nessuna conferenza stampa è nell’agenda della Commissione nonostante l’ufficialità della visita. Lo scorso anno dopo un altro bilaterale Ue-Cina la conferenza stampa congiunta saltò proprio all’ultimo momento, perché erano presenti alcuni giornalisti cinesi dissidenti. La Commissione tentò di non farli entrare, l’Associazione della stampa ne impose invece la presenza, e i leader cinesi rifiutarono di incontrare la stampa.
In sala stampa oggi i cronisti fanno notare quanto sia strano che nel giorno delle celebrazioni della libertà di stampa a livello mondiale la Commissione metta un bavaglio all’informazione. Oltretutto nel giorno di una visita di un paese dove controllo della comunicazione e censura sono prassi consolidata. “Era già tutto organizzato da tempo, come sempre avviene quando ci sono visite istituzionali, e non era in programma alcun punto stampa”, è la risposta pubblica di Pia Ahrenkilde Hansen, portavoce capo della Commissione. Una coincidenza, dunque. O forse no. “Noi ci eravamo detti disponibili a organizzare conferenze stampa, ma la delegazione cinese ha preferito non organizzarle”, spiega ancora la portavoce. Ricorrenze o meno, la portavoce ha ammesso che la Commissione non ha neanche proposto alla delegazione cinese di tenere una conferenza stampa, si è solo “offerta”. Barroso, memore dell’incidente dello scorso anno si piega, ma non si spezza. E la politica Ue per i diritti umani può andare a farsi friggere. Ma non c’è di che essere preoccupati. “Questa commissione è il corpo politico più aperto e più trasparente del mondo”, tiene a sostenere Ahrenkilde, sottolineando che “ci sono appuntamenti per la stampa ogni giorno”. Tranne oggi, proprio oggi, proprio nella Giornata mondiale della libertà di stampa e proprio quando c’è una delegazione Cinese. Ma si sa, agende e protocolli non si possono modificare minuto per minuto. Le spiegazioni non convincono molti dei presenti. Un collega del Corriere della Sera, da tempo attivo a Bruxelles, ricorda che Barroso – a differenza del suo predecessore Romani Prodi – non renda pubblica e accessibile la sua corrispondenza istituzionale e limiti la libertà di movimento dei giornalisti dentro la Commissione. “Motivi di sicurezza”, la risposta. La portavoce non gradisce queste domande, nervosismo e imbarazzo si percepiscono chiaramente. Pia Ahrenkilde chiede se qualcuno ha domande su altri argomenti, ma dalla platea le mani che si alzano sono solo di chi chiede spiegazioni su quanto si consuma a Bruxelles mentre il resto del mondo celebra la giornata della stampa. “Protesto formalmente per questo comportamento e chiedo che Barroso incontri i giornalisti al termine dell’incontro”, irrompe Ann Cahill, presidente dell’Associazione della Stampa Internazionale a Bruxelles. “Capisco che i cinesi non vogliano parlare, e non possiamo obbligarli. Ma non è possibile che si sottragga alla stampa la Commissione Ue, che oggi ha dato dimostrazione di aver fatto marcia indietro sulle libertà fondamentali”. Alla stretta collaboratrice di Barroso queste ultime affermazioni palesemente non piacciono, e lo si capisce dalla replica, tanto scomposte quanto inappropriata. “La ringrazio per questa dichiarazione, ma credo con il suo intervento abbia avuto un’opportunità per esercitare la sua libertà in questa sala stampa”. Ci mancherebbe altro, in democrazia. E la Commissione europea è la massima espressione di queste libertà alla base della democrazia. O no?
Emanuele Bonini ©Eunews.it