Bruxelles – La luce in fondo al tunnel della crisi economica si vede, ma ora tocca ai governi europei intervenire con le riforme strutturali che favoriscano la competitività per troppo tempo rimandate. Tre cose importanti sono successe ieri: Mario Draghi, presidente della Banca centrale europea ha spiegato che l’euro si è “stabilizzato” e ora i governi devono impegnarsi sul rilancio della competitività, l’agenzia di rating Fitch ha tirato fuori la Grecia dal fallimento, e i ministri delle Finanze dei 27, dopo tanto tempo, non discutono di emergenze.
A Parigi, in un convegno, Draghi ha spiegato che “vediamo segnali costanti di stabilizzazione nell’area euro, la situazione nei mercati è chiaramente migliorata in risposta alle misure delle Bce”. Ora però “i paesi devono fare ulteriori progressi nelle riforme, andando alla radice delle perdite significative di competitività” (e in qualche caso anche al costo del lavoro) che “hanno creato deficit correnti sempre più grandi e permanenti delle partite correnti”, cioè gli scambi con l’estero. La Bce deve fare un passo indietro, non può più intervenire prestando denaro a bassissimo costo alle banche e vuole concentrarsi sulla difesa dall’inflazione, che per ora dice Draghi non desta preoccupazioni, ma che potrebbe ripartire. La Germania preme su una riduzione dell’impegno finanziario di Francoforte, e Draghi deve cominciare a dare ascolto.
Sul fronte greco è arrivata una positiva novità. L’agenzia di rating Fitch, dopo mesi di bastonate ad Atene, ieri ha cambiato tendenza, ed ha concesso un “upgrade” a B-, dal “parziale fallimento” che aveva assegnato prima. La promozione arriva dopo la positiva chiusura della trattativa con le banche per la ristrutturazione del debito. A Bruxelles nelle stesse ore si faceva sapere che l’Ue verserà la prima parte della nuova tranche dei 130 miliardi di aiuti entro il 20 marzo, in tempo perché la Grecia onori le sue scadenze.
L’Ecofin ieri ha discusso in particolare di Tobin tax, l’imposta sulle transazioni finanziarie internazionali, e si è confermato che la questione non è ancora matura. “Se non raggiungiamo un compromesso entro la presidenza danese (la fine di giugno, ndr), dobbiamo trovare alternative, perché non decidere sarebbe un disastro”’, ha spiegato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble. La Germania penserebbe anche ad andare avanti in un gruppo ridotto di paesi. Il presidente del Consiglio Mario Monti, favorevole alla nuova tassa, ha tentato di mediare spiegando che sarebbe meglio andare avanti a 27, “a meno che questo non paralizzi la proposta”.