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Bruxelles – Anche la galline hanno diritto al loro dignitoso “spazio vitale”, e l’Italia è stata “messa in mora” dall’Unione europea per il mancato rispetto del divieto di allevare le galline ovaiole in batteria entrato in vigore il primo gennaio scorso. La normativa esiste dal 1999, e gli stati avevano dunque ben dodici anni di tempo per adeguarsi, ma ben tredici paesi non lo hanno fatto, oltre all’Italia infatti la messa in mora riguarda Belgio, Bulgaria, Grecia, Spagna, Francia, Cipro, Lettonia, Ungheria, Olanda, Polonia, Portogallo e Romania. Ora ci sono due mesi di tempo per mettersi in regola, poi scatterà il rinvio al Tribunale dell’Ue, con il conseguente rischio di multe milionarie.
L’Italia, rileva l’eurodeputato animalista dell’Idv Andrea Zanoni, “non si è ancora messa in regola, ma ha aspettato l’avvicinarsi dell’entrata in vigore del divieto per iniziare a chiedere deroghe, come la Regione Veneto, dove si è avuta la faccia tosta di chiedere a Bruxelles più tempo e contributi aggiuntivi”. Non tutti gli allevatori sono in ritardo, ma attualmente di 39 milioni di galline ovaiole presenti in Italia, ben 18 milioni vivono ancora in batterie o in gabbie, una sull’altra, senza possibilità di muoversi e producendosi molte ferite, fratture e spesso morendo. In tutta Europa si tratta di 47 milioni su 330, quindi quasi la metà sono solo nel nostro paese. In Italia le più fortunate sono quel milione di galline del settore “bio”, che vivono nelle migliori condizioni. Circa dieci milioni producono le loro uova (normalmente quasi una al giorno) in gabbie a norma e più o meno 11 milioni scorrazzano all’aperto.
Le gabbie a norma devono essere di almeno 750 centimetri cubi, lo spazio indispensabile per deporre, razzolare e appollaiarsi. La Direttiva specifica poi che queste nuove gabbie devono avere un nido lettiera, di posatoi e dispositivi per soddisfare i bisogni biologici e comportamentali. La Commissione, rileva Zanoni, “aggiunge che il mancato rispetto della nuova normativa crea un danno oggettivo a quei Paesi che invece si sono messi in regola. Non è giusto che i tanti allevatori onesti siano danneggiati da chi vuole fare di testa propria”. Un provvedimento effettivo da oggi è che le uova di quelle galline non potranno più essere vendute al dettaglio, ma saranno destinate solo all’industria.
Il ritardo italiano è dovuto anche alla posizione assunta negli scorsi anni dall’ex ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, che forse aveva in qualche modo influenzato gli allevatori non sostenendo l’adeguamento delle norme: “Se si continua a fare regole sulle galline – disse una volta -, finisce che l’Europa fa la fine della gallina: e viene messa in pentola da un cuoco cinese”. Siamo fuori tempo massimo, anche perché “l’Italia ha avuto delle difficoltà a raccogliere tutte le informazioni sugli allevamenti (sono 1.247), ma lo sta facendo e il governo ha promesso di agire” per metterli tutti in regola, ha riferito Frédéric Vincent, portavoce della Commissione.